Lettera aperta a Dudù, dolce bestiola tra le bestie dei mass media

17 Mag 2014 18:37 - di Aldo Di Lello

Caro Dudù, so bene che non leggerai mai questa mia missiva, perché non sai leggere e perché non hai la benché minima consapevolezza di tutto il chiasso che si fa intorno alla tua icona innocente. Però te la voglio scrivere lo stesso, dal momento che meriti un’attenzione e un rispetto ben diversi da quelli che ti sono  stati finora riservati. Il tuo ingresso sulla scena pubblica poteva anche rappresentare un fattore di “umanizzazione” (pardon, di ingentilimento animalista) della politica. Ma così non è stato, perché la tua foto è proposta ovunque e in modo esagerato, senza che nessuno te ne abbia mai chiesto il permesso. Se ti dovessero pagare i diritti per lo sfruttamento della tua immagine, non basterebbero dieci treni carichi di biscotti e di prelibato pollo in scatola, roba da sfamarci tutta la tua discendenza  e tutti i barboncini d’Europa. Sei finito anche tra le grinfie dei vignettisti, che ti disegnano sempre, insieme ai tuoi padroni, per suscitare i lazzi e le sghignazzate dei lettori. Ed è veramente una brutta cosa. Non te lo meriti proprio. Perché il buon Dio ha creato te e tutti i barboncini per offrire (e ricevere) affetto e tenerezza, per essere, in qualche modo, il genius loci della casa. Non vi ha certo creato per finire sbranati dai pitbull della carta stampata e della televisione. Il fatto è che sei comparso sulla scena pubblica nel momento meno opportuno, quando è tutto un imperversare di belve, di ossessi e di gente cattiva. Tu, bestiola canina, ti muovi in un Paese infestato da bestioni umani. Come quell’orco di Beppe Grillo, che ti vorrebbe mandare alla vivisezione, al solo scopo di far ridere altri orchi come lui.

Ma questa è  purtroppo  l’Italia in cui sei capitato, un’Italia livida e incattivita, dove ottengono il maggiore successo i politici che urlano, insultano e spargono veleno. Un’Italia in cui non c’è più spazio per il sorriso (quell’espressione che dovresti in teoria sempre suscitare), ma solo per il ghigno feroce e la risata diabolica. La tua immagine rimanda in realtà a un Paese che non esiste più, quando i barboncini trotterellevano in case più felici (senza Tasi e senza Imu) e più prospere, quando la globalizzazione era ancora una roba lontana (a proposito, non andare mai in Cina perché potresti fare una brutta fine),  quando i cani italiani potevano potevano sperare nella pappa anche nella quarta settimana. Un’Italia lontana di decenni. Oggi, caro Dudù, sei l’immagine di una utopia domestica, l’utopia dei biscotti abbondanti e delle carezze serene.

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