La strage del bus finito nella scarpata: i documenti furono falsificati da due dipendenti della Motorizzazione

3 Mag 2014 14:00 - di Redazione

Hanno 40 morti sulla coscienza. Quaranta persone che oggi sarebbero vive se solo quell’autobus fosse stato revisionato. Invece Vittorio Saulino e Antonietta Ceriola, dipendenti della Motorizzazione Civile di Napoli, simularono la revisione del mezzo, il bus della “Mondo Travel” della ditta di Gennaro Lametta, che, il 28 luglio del 2013, si schiantò poi, per un guasto ai freni, contro un guardrail dell’A16 Napoli-Canosa precipitando poi dal viadotto Acqualonga nella scarpata sottostante.
E’ stata una perizia grafologica, disposta dal pm della Procura di Avellino, Adriano Del Bene, a far scoprire, di fatto, che la revisione del “bus della morte” non è sarebbe mai avvenuta. I due funzionari, ai quali ora la Procura irpina contesta il reato di falso in atto pubblico, si sono introdotti nel sistema informatico della Motorizzazione facendo risultare superati i controlli per ottenere l’autorizzazione a circolare per il bus della “Mondo Travel” della ditta di Gennaro Lametta, fratello dell’autista del bus, anch’egli deceduto nel gravissimo incidente.
I documenti di revisione del mezzo presentati alla Polstrada dopo la tragedia riportano, infatti, la data del 26 marzo 2013, cioè circa quattro mesi prima della tragedia, ma una perizia affidata alla grafologa Silvana Iuliano avrebbe accertato che la firma del titolare dell’agenzia, Gennaro Lametta, sarebbe stata apposta soltanto dopo quella data e che nella documentazione mancavano la richiesta di sottoporre l’automezzo a revisione e il pagamento della previsto versamento. Il Procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo, oggi a Roma per motivi di lavoro, potrebbe fare il punto complessivo sull’inchiesta, che adesso vede nove persone indagate a vario titolo, nei primi giorni della prossima settimana.
Secondo quanto emerse dall’esame probatorio il mezzo affrontò senza freni un lungo tratto in discesa dell’A16 e all’altezza di Monteforte Irpino. Inutilmente l’autista del mezzo tentò di tenere il bus in carreggiata cercando, al contempo, di utilizzare il guardrail per rallentare la corsa senza freni. Dopo avere infranto le barriere di protezione la corriera precipitò nella scarpata portando con sé quaranta persone, tutte morte nello schianto con il terreno sottostante. I due dipendenti della Motorizzazione civile di Napoli si vanno ad aggiungere agli altri indagati: il titolare della ditta proprietaria del bus e cinque dirigenti della Società Autostrade, tutti accusati di omicidio colposo plurimo e disastro colposo.

 

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