La corsa di Renzi si ferma al Senato. Passa per un soffio il testo base sulla riforma

7 Mag 2014 10:34 - di Romana Fabiani

Sudore, sgambetti e tanta tensione. Dopo una giornata di fibrillazioni e colpi di scena, con tanto di giallo su possibili dimissioni della ministra Elena Boschi poi smentite, la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama ha approvato con i voti determinanti di Forza Italia il testo base della riforma del Senato. Ma il prezzo della “vittoria” è molto alto per Matteo Renzi che fatica sempre di più a mettere in riga i suoi. «La palude non ci blocca» ha twittato a caldo il premier bastonato, ma il via libera della commissione all’ordine del giorno di Calderoli che prevede senatori eletti in ogni Regione (per un solo voto) e il ritiro di quello della Finocchiaro dimostrano la debolezza dell’esecutivo che ha fatto male i suoi conti. Il giorno dopo è stallo: l’iter della riforma del Senato è molto più accidentato di quanto il premier pensasse («andiamo a votare, ma chi te lo fa fare», è il consiglio del democratico Giachetti), le spaccature nella maggioranza sono pesanti e i numeri per approvare il disegno di legge facendo spallucce ai malpancisti non ci sono. «Non cederemo ai ricatti di Calderoli» aveva annunciato trionfante la ministra Elena Boschi smentita dai fatti. Sull’eleggibilità dei senatori, infatti, il governo è andato sotto e il semaforo verde della commissione all’odg dell’ex ministro leghista con i sì di Lega, Forza Italia, Gal, Sel, Cinquestelle e il voto determinante dell’ex ministro Mario Mauro dei Popolari peserà molto sul proseguo della partita. L’approvazione dell’ordine del giorno non ha conseguenze dirette sul testo base, si affrettano a dire dal governo, ma è uno smacco per la maggioranza e dimostra che il premier rottamatore è appeso ai capricci dei Popolari e che Forza Italia resta l’ago della bilancia. Nel fare andare sotto il governo è pesato molto il no di Mario Mauro e l’assenza di Corradino Mineo  del Pd, uno dei firmatari del ddl Chiti. Nel via libera al testo base, invece, è stato determinante il sì dei quattro senatori azzurri. Canta vittoria il capogruppo di Forza Italia, Paolo Romani: «L’insistenza del governo sull’indisponibilità a concordare insieme contenuti e percorso del processo riformatore non è stata premiata dal voto in commissione. Ma Forza Italia col senso di responsabilità che gli appartiene ha consentito l’inaugurazione della stagione di riforme». Ora il governo è costretto a lavorare sodo per modificare il disegno di legge uscito da Palazzo Chigi per garantire una forma di eleggibilità del futuro Senato delle autonomie. Gli “irriducibili” paletti renziani sul restyling di Palazzo Madama e il superamento del bicameralismo perfetto si sbriciolano di ora in ora.

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