Il Csm vuole andare fino in fondo: convocato Nobili al quale fu scippato il fascicolo Ruby

21 Mag 2014 19:48 - di Redazione

A sorpresa e inaspettatamente il Csm decide di proseguire l’istruttoria sullo scontro alla Procura di Milano che vede contrapposti, su posizioni antitetiche e inconciliabili, l’aggiunto Alfredo Robledo e il capo Bruti Liberati. Sembrava che il Csm avesse fretta di archiviare la vicenda e di calare il sipario su un conflitto che sta dilaniando l’ufficio giudiziario simbolo di Mani Pulite mettendo in piazza tutti i panni sporchi ma, inattesa, arriva la decisione non solo di proseguire ma, anche, di ascoltare il procuratore aggiunto Alberto Nobili, la cui audizione era stata chiesta prima dallo stesso Robledo e, poi, anche dal togato di Magistratura Indipendente Antonello Racanelli.
Nobili dovrà chiarire di fronte alla Settima Commissione un punto centrale della questione: se Bruti Liberati lo abbia interpellato, come sostiene il procuratore capo, prima di togliergli il fascicolo sul caso Ruby per assegnarlo a Ilda Boccassini che, in realtà, non aveva titolo per occuparsene o se, invece, come sostiene Robledo, il fascicolo sia stato “scippato” all’aggiunto che ha subìto la decisione di Bruti Liberati senza poter interferire nè dire la sua.
E’ chiaro che se Robledo si è spinto fino al punto di chiedere l’audizione di Nobili di fronte al Csm sa di poter “contare” sulla testimonianza di Nobili. Bisogna ora vedere se il vero titolare del fascicolo Ruby ha voglia di unirsi alla cordata contro Bruti Liberati, cordata di cui fanno parte, oltre a Robledo, altri magistrati milanesi e il “peso massimo” Ferdinando Pomarici, un veterano che ha già detto la sua confermando le tesi di Robledo di fronte al Csm e inchiodando Bruti Liberati di fronte alle sue responsabilità.
L’accusa di fondo contro il capo Bruti Liberati è di aver guidato la Procura milanese in maniera personalistica, togliendo fascicoli di indagine al magistrato che li aveva naturalmente assegnati per girarli ad altri colleghi che, per il ruolo che svolgevano, non avevano titolo, come Ilda Boccassini.
La decisione di ascoltare Nobili, che fino a ieri appariva trutt’altro che scontata, è passata a maggioranza con il voto contrario del togato di Magistratura democratica, Vittorio Borraccetti, e del laico di centro-destra Annibale Marini, che ha preso il posto del consigliere dimissionario della Lega Ettore Adalberto Albertoni. E’ l’unica richiesta istruttoria che è stata approvata dalla Settima Commissione: altre relative a una nuova convocazione di Bruti e Robledo, e audizioni dei pm dell’inchiesta Expo e dei finanzieri responsabili dei reparti della Gdf protagonisti della controversa vicenda del doppio pedinamento di uno degli indagati di quel procedimento, sono state bocciate.
Domani la Prima Commissione – che con la Settima sta seguendo il caso – deciderà se partecipare all’audizione di Nobili, come propone il relatore, il togato di Unicost Mariano Sciacca o no.
La vicenda ha avuto vari strascichi collaterali: il consigliere del Csm Ettore Adalberto Albertoni ieri si era dimesso dalla Settima Commissione del Csm, che si sta occupando dello scontro alla procura di Milan lasciando in polemica con la decisione della Commissione di non ascoltare nuovamente Robledo; una decisione che sarebbe stata presa in una riunione in cui – secondo il consigliere Albertoni – gli era stato garantito che non sarebbe stata adottata alcuna delibera.
A prendere il posto di Albertoni, laico della Lega, e’ il presidente emerito della Consulta Annibale Marini (centro-destra), presidente della Prima Commissione, che con la Settima è titolare del caso milanese. E altra legna sul fuoco è stata messa oggi da 62 fra pm e aggiunti della Procura di Milano che hanno preso posizione firmando una lettera con la quale respingono i tentativi «di delegittimazione complessiva dell’operato della nostra Procura»: «non possiamo non intervenire – scrivono gli oltre 60 magistrati dell’accusa – in ordine alla rappresentazione mediatica non corrispondente al vero, che viene offerta alla pubblica opinione con l’immagine di una Procura della Repubblica dilaniata da contrapposizioni interne».
Quel che è certo è che erano mesi che sotto la cenere covava una polemica destinata a esplodere.
A margine della vicenda, un vero e proprio fiume carsico di accuse e controaccuse, si è parzialmente chiusa la questione dell’esposto presentato al Csm dall’ex-sindaco Gabriele Albertini contro l’aggiunto Alfredo Robledo.
I consiglieri del Csm, dopo aver lungamente esaminato i fatti esposti nei documenti presentati dall’ex-sindaco a Palazzo dei Marescialli, hanno deciso di archiviare le accuse formulate contro Robledo perché «non ricorrono ipotesi rilevanti di competenza» del Csm , ma, allo stesso tempo, hanno disposto l’invio degli atti al Pg della Cassazione, Gianfranco Ciani, titolare dell’azione disciplinare, perché possa valutare gli estremi per un suo intervento. La decisione è passata con 23 voti a favore e la sola astensione del vicepresidente del Csm, Michele Vietti.
Nel suo esposto, Albertini sosteneva che Robledo era «venuto meno ai principi di diligenza e operosità» in due inchieste: quella sugli «emendamenti in bianco» al bilancio preventivo del Comune di Milano e il procedimento cosiddetto «Penati-Serravalle».
Con riferimento alla prima indagine, Albertini censurava soprattutto i metodi che – a suo dire – sarebbero stati utilizzati nei confronti del direttore della Ragioneria del Comune di Milano, Giancarlo Penco: questi, secondo quanto raccontato da Albertini, sarebbe stato prelevato da agenti della Guardia di Finanza mente era al lavoro, trattenuto ore in una stanza, e interrogato continuativamente dalle 18 alle 2 di notte con domande pressanti e la minaccia del carcere.
Mentre per quanto riguarda il procedimento Penati-Serravalle, la doglianza dell’ex-sindaco era che Robledo avrebbe trattenuto il fascicolo per un periodo di tempo eccessivo prima di trasmetterlo, nel 2011, alla Procura di Monza.
L’istruttoria compiuta dalla I Commissione del Csm ha escluso che Penco «sia stato ininterrottamente presente negli uffici della Procura» nella fascia oraria indicata da Albertini. Peraltro – fanno notare i consiglieri – fu lo stesso Penco a chiedere ai pm di poter meglio formulare le sue stesse dichiarazioni, con il risultato di rendere necessaria una sua «ulteriore deposizione notturna».
Quanto invece alla vicende Penati-Serravalle, l’eventuale ritardo da parte di Robledo nella trasmissione del fascicolo a Monza «può eventualmente avere rilevanza esclusivamente sotto il profilo disciplinare – sottolinea la delibera – qualora si dovesse rilevare un’inescusabile inezia investigativa». Si tratta dunque di una questione che esula dalle competenze del Csm e che invece potrebbe interessare il pg della Cassazione, cui per questa ragione vengono trasmessi gli atti, nella prospettiva di una possibile azione disciplinare contro Robledo.

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