Alla Procura di Milano qualcuno mente. E il Csm dà tre giorni ai duellanti

15 Mag 2014 17:53 - di Redazione

Ormai è evidente anche a un cieco: alla Procura di Milano qualcuno mente. Una brutta rogna per il Csm, presieduto da Giorgio Napolitano, chiamato a stabilire chi, tra Edmondo Bruti Liberati, il capo, e Alfredo Robledo, l’aggiunto, stia dicendo la verità. La questione è delicatissima: in primo luogo perché stiamo parlando di giustizia ed in secondo luogo perché l’epicentro dello scontro è il Palazzo di Giustizia meneghino, già luogo simbolo del “manipulitismo” nazionale all’epoca dei Borrelli, Di Pietro e D’Ambrosio. La compattezza dei tempi gloriosi di Tangentopoli è solo un ricordo sfuocato, soppiantato da un clima di veleni, accuse incrociate e reciproche diffidenze.

Se Bruti Liberati scrive al Csm che il suo aggiunto stava per compromettere il buon esito di un’indagine disponendo il doppio pedinamento di un indagato, Robledo gli risponde rigettandogli tra i piedi un’informativa della Guardia di Finanza che smentisce radicalmente le parole del procuratore capo. E non è una singolar tenzone. A sostenere Bruti Liberati c’è Ilda Boccassini, coordinatrice del pool antimafia presso la Procura. “Il doppio pedinamento c’è stato”, assicura davanti al Csm. Quindi l’affondo contro Robledo che a sua volta l’aveva accusata di “essersi rifiutata di rispondere” alla richiesta di trasmissione degli atti relativi all’inchiesta sull’Expo: “Ha dichiarato il falso”, è la sua perentoria risposta riservandosi ulteriori azioni una volta che gli atti non saranno più coperti da segreto istruttorio.

La vicenda del doppio pedinamento rischia di aprire un nuovo fronte nel rapporto con le forze di polizia. La Squadra Mobile milanese, guidata da Alessandro Giuliano, figlio di Boris, grande investigatore ucciso nel 1979 a Palermo da Leoluca Bagarella, si sente snobbata da Robledo che le preferirebbe le Fiamme Gialle. Il pericolo di una guerra interna a corpi dello Stato è tutt’altro che remoto e non sfugge a Michele Vietti, vicepresidente del Csm che, infatti, mette in guardia dal rischio di una “delegittimazione dell’intera magistratura”. Ma è proprio nel Csm, l’organo di autogoverno delle toghe diviso in correnti, che la disputa milanese dovrà trovare una conclusione. Una prima decisione c’è stata proprio in queste ore: non ci sarà una nuova audizione per Robledo, che l’aveva richiesta. Al suo posto ci sarà uno scambio incrociato di note (quella di Bruti Liberati a Robledo e viceversa) e tre giorni di tempo per fornire chiarimenti sul doppio pedinamento. La guerra tra toghe, intanto, continua.

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