Scoppia la rivolta tra i senatori alfaniani: in una lettera ad Angelino il “male oscuro” di Ncd

19 Apr 2014 17:10 - di Corrado Vitale

Il vascello di Ncd rischia di incagliarsi sugli scogli del dissenso interno. Sedici senatori alfaniani, poco più della metà del Gruppo a Palazzo Madama, ha inviato una lettera al leader che suona come un vero e proprio ultimatum. «Caro Angelino, – così esordiscono i parlamentari dissidenti – sentiamo il bisogno e la necessità di richiamare la tua attenzione su un disagio crescente nel gruppo dei senatori di Ncd, cosa che abbiamo già avuto modo di manifestare a te, Schifani e Lupi e Quagliariello. Ma che fin qui non ha prodotto risultati». I senatori lamentano il fatto di essere «esclusi da tutti i processi decisionali importanti, dalle riforme allo Statuto Ncd passando per nomine e liste elettorali». E poi la minaccia, chiara e diretta, che dovrebbe mettere in allarme anche Renzi: «Siamo decisivi per la vita del governo guidato da un premier che ha il vento in poppa». Con i numeri già ballerini in Senato, un’eventuale secessione dei rivoltosi Ncd potrebbe rivelarsi fatale per il governo, compromettendo seriamente  il suo ambizioso programma “riformatore”. A tutto ciò si aggiunge il fatto che i firmatari della lettera (tra di essi c’è anche Formigoni) paventano il  flop elettorale.  «Da noi vengono in pochi» e «i sondaggi dicono che l’elettorato non ci premia». Ma il punto vero non è rappresentato tanto dai sondaggi quanto dalla oscura minaccia che si legge tra le righe: stai attento – è come se dicessero ad Angelino – , perché se noi non muoviamo le nostre truppe cammellate sul territorio, la soglia del 4 % cento tela sogni. E tanto per essere più chiari: «Ti diciamo tutto ciò con franchezza  anziché continuare con mormorii e incazzature che alimentano frustrazioni e insoddisfazioni che potrebbero sfociare in inoperosi disimpegni» alle elezioni europee.

È un bel grattacapo per Alfano. Che però non rappresenta un fulmine a ciel sereno. Innanzi tutto c’è la questione della candidature di Cesa e Scopelliti. La prima  è un dazio pagato a Casini per l’accordo con l’Udc. La seconda, oltre a rappresentare una sorta di impegno morale per Alfano, nasce evidentemente dalla preoccupazione del leader di non rinunciare al possibile serbatoio di voti in Calabria che gli potrebbe garantire l’ex governatore. Ma proprio qui nasce il problema, perché la condanna subita da Scopelliti pesa come un macigno sull’immagine di Ncd al Sud. E proprio su questo punto la lettera dei dissidenti raggiunge i toni più velenosi: «Pure Berlusconi è riuscito a non mettere in lista condannati» mentre noi che occupiamo il ministero dell’Interno «non abbiamo alcuna remora». Al di là delle sbandierate motivazioni ideali, non è in realtà difficile scorgere anche motivazioni più prosaiche, come l’esclusione dell’uscente Erminia Mazzoni.

Cose che accadono quando la coperta si fa sempre più corta. E qui si scorge un’ulteriore motivazione del disagio dell’Ncd: il partito non “sfonda”, anche perché  Alfano  ha poco carisma. Ne consegue che la possibile forza elettorale del Nuovo Centrodestra risiede nell'”apparato” (o in quello che ne rimane). Ma, se l’ “apparato”è scontento e nervoso, come fa Ncd a prendere voti? È un bel dilemma per Alfano, una contraddizione che il giovane leader dovrà risolvere al più presto.

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *