Fecondazione eterologa, il day after: la sinistra gode, la destra chiede regole, la Cei s’indigna

10 Apr 2014 13:55 - di Priscilla Del Ninno

Fecondazione assistita il giorno dopo. Le reazioni alla decisione della Corte Costituzionale che ieri, in Camera di Consiglio, ha definito anti-costituzionale il divieto al ricorso alla fecondazione eterologa contenuto nella legge 40, sono state, ovviamente, direttamente proporzionali al presupposto ideologico a favore o contro il ribaltone giuridico di ventiquattro ore fa. E dunque, con la sinistra – in particolar modo quella radicale – esultante, e l’area di centro destra, insieme al mondo cattolico, sconcertata e fieramente contraria. E a chi, unitamente a Nichi Vendola, è convinto che la legge 40 fosse semplicemente una «crudeltà ideologica», ha replicato Famiglia Cristiana che, bocciando senza riserve la decisione della Corte Costituzionale, ha parlato di «fecondazione selvaggia per tutti», definendola una «sentenza choc», «l’ultima folla italiana». Tra le due opposte fazioni, infine, la posizione di buon senso diffusa tra i molti che, in queste ore come dieci anni fa, hanno ricordato come una normativa rigorosa sia propedeutica ad assicurare i diritti dei nascituri dal punto di vista della coscienza identitaria e da quello della salute e, in ultima istanza, indispensabile per evitare il proliferare di un fenomeno come quello del commercio dei gameti o dello sfruttamento delle donne.

E allora, dopo il richiamo fatto ieri alla condivisione parlamentare, il ministro Lorenzin è tornata sulla vexata questio garantendo una «revisione di tutto il settore».

«Deve essere possibile farla in centri pubblici in sicurezza, anche per le donne che affrontano le cure ormonali. Per come è organizzato adesso il sistema, ci sono aree del territorio dove il pubblico non esiste», ha detto tra l’altro la titolare del dicastero della Salute in un’intervista a La Repubblica, dopo essere tornata sulla decisione della Corte costituzionale di cancellare  il divieto all’eterologa, dicendo: «Non voglio dare un giudizio di merito, devo leggere le motivazioni. Comunque le sentenze si applicano». «Ho parlato brevemente con gli uffici – ha quindi aggiunto il ministro – e ci sono varie questioni in campo. Amministrative e giuridiche. Altre, invece, hanno risvolti politici. Ora che la legge 40 è stata smantellata a colpi di sentenze, è necessario riaffrontare il tema ma in modo organico, con calma e serenità».

E serviranno proprio molta calma e grande serenità d’animo per riaprire la questione in tutti i suoi aspetti: legislativi, procedurali, amministrativi, medici, sociali, morali ed etici.

«Dobbiamo capire – ha detto infatti la Lorenzin – se toccherà al Parlamento, come credo, occuparsi di aspetti come l’eventuale anonimato di chi cede i gameti. Come ci comporteremo con i figli dell’eterologa? In certi Paesi spediscono una lettera a casa il giorno del diciottesimo compleanno per comunicare l’identità del padre, ad esempio. Poi c’è da risolvere il problema dei fratelli naturali. Ci vorrà una norma, non credo che bastino i decreti. Non siamo nel tipico caso in cui togli una legge e torna tutto come prima, perché prima non c’erano leggi». Degli aspetti amministrativi, invece, chiarisce Beatrice Lorenzin, «si occuperà il ministero: faremo la nostra parte», assicura il ministro; e ancora: non ultima «va regolata anche la questione delle banche del seme e degli ovociti, e ribadita la gratuità della donazione, già prevista per sangue e organi».

Un intero sistema da riformulare, dunque, a garanzia di una vita che nasce. O meglio, a sostegno del diritto a far nascere una vita sempre e comunque: un principio, con le modalità che lo motivano, messo in discussione in queste ore dal cardinale Camillo Ruini che, in un colloquio con La Stampa ha dichiarato come a suo avviso non possa «esistere un diritto al figlio, perché il figlio è una persona». «Esprimo tutta la mia comprensione per le persone che soffrono a causa della mancanza di un figlio – ha quindi spiegato Ruini – ma i bimbi che nascono hanno il diritto di sapere di chi sono figli biologici. Con la fecondazione eterologa questo diventa impossibile».

«Vorrei ricordare – ha poi concluso il porporato – che con questa decisione si apre alla commercializzazione – non alla donazione – dei gameti maschili e femminili, come pure alla commercializzazione dell’utero delle gestanti. Ed è un’altra delle ragioni che motivano la mia profonda perplessità e il mio dissenso».

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