Una voce dall’oltretomba: Bertinotti si rifà vivo per dire che la sinistra è morta

24 Mar 2014 18:02 - di Mariano Folgori

Era da parecchio tempo che non s’udiva più la sua voce. Alla fine è ricomparso, ma per firmare un certificato di morte: la sinistra non esiste più. Fausto Bertinotti non si raccapezza nella politicaitaliana di oggi. Soprattutto da quando il ciclone Renzi sta devastando Pd e dintorni. E in effetti il leader di Rifondazione comunista ed ex presidente della Camera riserva le parole più dure, intervenendo alla trasmissione radiofonica Un Giorno da pecora,  proprio al presidente del Consiglio: «Non ho mai conosciuto un leader di centrosinistra così lontano da me. Lui è trasversale non è né di destra né di sinistra. Con lui viene sepolta tutta la storia della sinistra che noi abbiamo conosciuto». Ma parole al vetriolo il vecchio leader neocomunista le scaglia anche contro i “compagni” vendoliani. Alla domanda «esistono ancora partiti di sinistra in Parlamento?», Bertinotti risponde secco:  «No, formazioni politiche di sinistra non ne esistono più, nemmeno Sinistra e Libertà».

Al di là delle diatribe interne al mondo della sinistra-sinistra, è evidente che uno come l’ex-presidente della Camera si sente come un pesce fuor d’acqua in un  clima storico- politico che vede la rottamazione dei vecchi “asset” ideologici della sinistra: dalla lotta di classe all’opposizione al capitalismo globale. Nè possono piacergli le eteree affabaluzioni di Vendola. L’unica sponda sociale gli rimane quella di Susanna Camusso. Ma anche la leader della Cgil ha i suoi problemi di rappresentatività sociale. E sono certo lontani i tempi in cui un altro leader della Cgil, Cofferati, portava centinaia di migliaia di persone in piazza. Oggi, quando la Cgil scende in strada, non se ne accorge praticamente nessuno, a parte naturalmente il sempre solerte Tg3 diretto da  Bianca Berlinguer. Onore comunque alla coerenza del “compagno“ Bertinotti, che almeno ha il merito di non essere un trasformista e di mettere il dito nella piaga di una complessa crisi di identità politico-ideologica. Che rimane grave, al di là dei possibili successi (o insuccessi) di Matteo Renzi.

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