Roma, «Vietato l’ingresso agli zingari»: il commerciante costretto a rimuovere il cartello, ma il web è solidale con lui

21 Mar 2014 10:37 - di Sandro Forte

«È severamente vietato l’ingresso agli zingari. Anche davanti al negozio»: è la scritta sul cartello che il titolare di una panetteria del Tuscolano, a Roma, ha esposto ma che è stato costretto a rimuovere immediatamente dopo che nei suoi confronti sono state minacciate azioni legali. Il caso è stato denunciato dall’associazione “21 luglio”, organizzazione non profit che lavora con le comunità Rom in Italia. «C’è stato uno scambio di mail con i nostri legali – raccontano – e, solo quando abbiamo minacciato di portarlo in tribunale, l’ha finalmente rimosso». L’associazione ha anche scritto una lettera al presidente Napolitano chiedendosi se a Roma «è vietato l’ingresso agli zingari come lo era a Berlino per gli ebrei e a Soweto per i neri». E aggiungendo che «ormai siamo così assuefatti al razzismo che non ci rendiamo più conto della parole che usiamo. Far credere che il Tuscolano sia come i ghetti nelle città europee durante il nazismo o il Sud Africa di Mandela vuol dire usare parole in libertà. Detto ciò, battiamoci pure contro il razzismo. Ci aiuti a far sentire il nostro no – scrive l’associazione a Napolitano – Uno stop che va gridato con forza e urgenza, soprattutto in occasione della Giornata Mondiale contro il Razzismo che si celebra il 21 marzo».
Appresa la notizia, si sono scatenati i commenti sul web, tutti a favore del commerciante. Eccone alcuni: «Come sempre i benpensanti in servizio permanente effettivo corrono a gridare al “lupo cattivo” e a puntare il dito contro, quando nell’esperienza comune sappiamo tutti come vivono gli zingari. Noi dobbiamo rispettare le regole e tacere. Loro possono vivere fuori dalle regole e nell’impunità! Solidarietà al commerciante». «Avete notato che non è mai apparso alcun cartello con scritto: vietato l’ingresso agli albanesi, ai rumeni o marocchini, etc? Perché queste persone si sono integrate, la stragrande maggioranza lavora e si impegna per vivere onestamente. Purtroppo a Roma c’è una grossa fetta di queste persone di etnia Rom che semplicemente non accetta le regole della civile convivenza e del lavorare per vivere. Tutte le minoranze si sono integrate, in pochi anni, nonostante la diffidenza e il razzismo di cui sono state vittime (e lo sono ancora). Loro no. Perché?». «Basta ipocrisie, basta buonismo a buon mercato e soprattutto basta credere che per favorire l’integrazione sia sufficiente sobbarcare alla comunità tutti i costi, sociali e non (case, bollette, contributi, ecc.). Non mi sembra che da parte di costoro ci sia volontà di integrarsi; che sia una questione culturale, abitudini ataviche radicate, semplice utilitarismo o altro non è assolutamente rilevante, ma è significativo che aumentino di giorno in giorno l’intolleranza e la mancanza di sopportazione, entrambe, credo, non originate da becero razzismo ma da semplice desiderio di essere lasciati in pace».

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