Non solo Barbara o Marina: Forza Italia pensa a come riorganizzarsi

22 Mar 2014 12:46 - di Redattore 89

La successione familiare, il potere d’influenza della fidanzata, le preoccupazioni dei “pretoriani”, gli umori delle “bande” avverse. Quello che sta accadendo all’interno di Forza Italia, in vista della possibilità che i domiciliare tengano Silvio Berlusconi fuori dalla competizione elettorale, finisce ridotto dalle cronache politiche a una questione di “corte”. In realtà, al netto del gossip, emerge

il quadro di un partito che si trova a un punto di svolta e, quindi, nella necessità di domandarsi come andare avanti e come ripensarsi. Silvio Berlusconi resta la figura principale sulla scena, ma mai come in questo momento è stata concreta l’eventualità che debba, se non sparire dietro le quinte, rimanere come voce fuori campo. A fare chiarezza ci penseranno i giudici, a partire dal 10 aprile quando è attesa la decisione del Tribunale di sorveglianza di Milano sull’affidamento ai servizi sociali. Le liste per le europee, però, vanno presentate entro il 15 e, quindi, bisogna fare in fretta. Forza Italia deve decidere subito se il suo futuro sarà ancora sotto le insegne di un Berlusconi purché sia o se il Berlusconi a cui affidarsi è uno soltanto e dopo di lui si impone la necessità di rimescolare tutte le carte, a partire dalla leadership per arrivare all’organizzazione. La faccenda, dunque, è meno banale di come la si voglia far apparire in questi giorni, come emerge anche dalle interviste rilasciate dal capogruppo azzurro al Senato, Paolo Romani, e dal consigliere politico del Cavaliere, Giovanni Toti. «Sì, a mio avviso il nome di Berlusconi nel simbolo di Forza Italia per le Europee ci dovrebbe stare. Soprattutto per ribadire la totale identificazione del nostro movimento col suo fondatore, che è anche il leader presente e futuro», ha detto Toti al Corriere della Sera, aggiungendo che «nella famiglia Berlusconi ci sono più persone che sarebbero in grado di fare politica. Marina, che è sempre stata vicina anche politicamente al papà, ha queste attitudini. Come pure Pier Silvio e la giovane Barbara. La scelta, nel caso, si ridurrebbe a loro tre». Ma, ha sottolineato Toti, «il tema è che la famiglia Berlusconi, a cominciare dal presidente, ha sempre smentito un loro coinvolgimento diretto. E questa indicazione, al momento, non è mutata». Dopo che Piersilvio e Marina hanno fatto sapere di non essere interessati, in molti guardano a Barbara. Ma l’altro giorno Francesca Pascale, in un’intervista a Repubblica, ha indicato Marina come possibile erede politica e questo è stato letto da molti come un segnale del fatto che la partita sulla primogenita non sia affatto chiusa. Ma tra gli azzurri c’è anche chi ritiene che il partito non possa affidarsi al solo cognome del leader e che, se il Berlusconi “originale” non è in discussione, i ragionamenti di prospettiva devono concentrarsi sulla struttura partito e sulla sua riorganizzazione. Non sulla ricerca di un erede dinastico. «Resto affezionato all’idea che l’uomo di riferimento quando elaboriamo le nostre strategie sia Berlusconi. Silvio Berlusconi. Capisco che le generazioni avanzano e capisco anche le legittime aspirazioni. Marina, Barbara o Pier Silvio possono avere la stessa ambizione del padre a svolgere un servizio per il paese. Ma finché Berlusconi è in campo il problema successione non si pone», ha detto a Repubblica Romani, allontanando l’idea di un’uscita di scena del Cav imposta dal Tribunale di Milano. «Non penso – ha spiegato – che un giudice possa arrivare a un accanimento del genere. Ma comunque, sperando che non accada, è chiaro che il partito si dovrà strutturare con organismi che dovranno svolgere una funzione di supplenza, in attesa che Berlusconi torni alla piena operatività. Ma il leader resta lui, non ci può essere discontinuità». «La tesi “Pascale-Toti contro i duri” – ha poi proseguito Romani – è inverosimile perché il protagonista dell’accordo con Renzi, l’architetto di quel capolavoro politico che ha rimesso Berlusconi al centro della scena, è proprio quel Verdini che oggi viene descritto come capo dell’ala dura che il cerchio magico vorrebbe sfrattare dal partito».

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