Matteo torna a scuola: stavolta niente cori ma la contestazione delle mamme e dei precari

26 Mar 2014 13:29 - di Antonella Ambrosioni

Un tweet come tanti, per indicare la tabellina di marcia: «Oggi giornata importante per le Province e riunione chiave stasera su Senato e regioni. Stamani nelle scuole, destinazione Calabria, Scalea». Ma qui cessa il sereno. Ad attendere Renzi ci sono  papà, mamme, operatori

scolastici e precari “sul piede di guerra”, che hanno accolto  il premier con fischi, slogan e striscioni di protesta davanti l’Istituto “Gregorio Caloprese”. Niente cocktail di benvenuto, niente minuetti, cori e poesie come per la visita di qualche settimana nella scuola di Ragusa, introdotta dal suo amico sindaco. A Scalea il premier ha fatto il suo ingresso in macchina nel cortile della scuola, accolto da urla di protesta da parte di vari gruppetti di contestatori. Insomma, il mondo reale con i problemi reali, che sono quotidiani. La rabbia si fa sentire, dopo settimane di chiacchiere, annunci e promesse che qualcosa cambierà. «Presidente – ha detto davanti alle telecamere una delle donne – venga qui ogni giorno per rendersi conto della realtà del nostro paese dove i nostri figli non hanno una palestra in cui praticare sport e le strade sono sporche e piene di spazzatura. Noi mamme siamo indignate per tutto questo. Non vogliamo che i nostri figli siano costretti ad emigrare. Vorremmo che il presidente vedesse le strade della nostra cittadina che non sono state ripulite perché lui non ci passerà».

Il mondo reale fa irruzione nel mondo dei sogni: «Siamo disperati – ha raccontato una lavoratrice – prendevamo 800 euro al mese, ora neanche 400. Abbiamo famiglia, moriamo di fame». Un’altra cittadina dice: «Vogliamo lavoro, non vogliamo la mafia». Diversi cartelli e striscioni esposti, tra cui: «Fuori le ditte dalle scuole e dentro i lavoratori ex Lsu Ata», e «I guadagni delle ditte di pulizia sono i veri sprechi nelle scuole». Ancora: «Torna a casa Renzi! Nel tuo programma non c’è la parola Sud!». Renzi non si è fermato nel cortile, è subito entrato nell’istituto. «L’unico impegno che mi sento di poter prendere» verso gli insegnanti precari «è la certezza delle regole: finora si è data una regola per poi subito cambiarla, adesso quando diamo le regole non possiamo più cambiarle», ha detto Renzi parlando agli studenti, certificando la sua conoscenza del problema con la frase oramai ad effetto: «Mia moglie è un’insegnante precaria». Parlando ai ragazzi Renzi non è andato oltre l’ovvio, “piangendo” che «il paradosso è che spendiamo più soldi per pagare i debiti di chi ha sperperato prima che per l’istruzione di chi verrà dopo: il compito del mio governo è mettere un pochino più soldi nella scuola e un po’ meno, mettendo a posto i conti, sui debiti». Vedremo come farà. Poi ha parlato di sé: «Da piccolo volevo fare il camionista, poi il giornalista, poi lo scrittore, poi l’avvocato», poi «ho iniziato a fare politica, che significa occuparsi della città», un compito «che spetta al sindaco, ma anche al singolo cittadino che non butta a terra la cartaccia». Renzi ha poi provato anche a spiegare il funzionamento del bilancio dello Stato usando come similitudine quello di una famiglia. Non ha spiegato come mai, però, vi siano troppi squilibri tra figli e figliastri. L’incontro si è concluso con alcune poesie lette dai bambini, che hanno consegnato una scultura raffigurante la Torre Talao, simbolo del Paese.

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