La luna di miele di Renzi a Palazzo Chigi rischia di durare poco

6 Mar 2014 16:39 - di Oreste Martino

La luna di miele di Matteo Renzi a Palazzo Chigi rischia di non essere tale o di durare meno del previsto. A pochi giorni dall’insediamento il premier si trova a veder emergere l’inadeguatezza dell’operazione che l’ha portato al governo prendendo una scorciatoia che potrebbe costargli cara.

Lui prosegue imperterrito con la fiera degli annunci. Gli ultimi promettono per mercoledì prossimo l’approvazione da parte dell’esecutivo del “job act”, del piano di interventi per gli istituti scolastici e del piano casa. Il primo al momento pare contenere soltanto aria fritta e non dovrebbe risolvere l’annoso problema della disoccupazione, in particolare quella giovanile e quella femminile. Sulla scuola sarà possibile investire due miliardi di euro grazie alla fortunata coincidenza per la quale al suo arrivo Renzi si trova con lo spreed in picchiata che ci farà risparmiare tre miliardi di euro di interessi sui titoli di Stato rispetto a quanto era stato previsto in bilancio, nonché grazie al calo del prezzo del petrolio che ci farà risparmiare altri due miliardi. Nessun merito, quindi, nessun taglio ai costi della politica o alla sterminata e incontrollabile spesa pubblica. Il calo del petrolio dipende da variabili internazionali e il calo dello spreed è indubbiamente merito del governo Letta e della formula delle larghe intese.

Annunci a parte, cominciano invece a profilarsi i primi problemi. Sulla crisi ucraina il premier ha rispolverato la politica estera di Andreotti, aggrappandosi a quella “equivicinanza” che non fa contare un fico secco, ma che tiene al riparo dal dover prendere una posizione. Sulla legge elettorale si è arrivati ad inventare la riforma a metà, verniciando di nuovo la Camera e lasciando il Senato preda dell’ingovernabilità, senza aggiungere che con Renzi alla guida del governo è venuta meno anche la parità di genere nelle liste, sulla quale il suo partito era da anni impegnato.

Sui sottosegretari impresentabili il fautore della discontinuità e del nuovismo ha fatto peggio del previsto. Ha preteso le dimissioni di Gentile, che non era neanche indagato, ma lascia al governo quattro sottosegretari del Pd che invece sono indagati, dalla Barracciu a Bubbico, da Del Basso de Caro a De Filippo. Dando ragione alla De Girolamo, anch’essa dimessasi senza essere indagata, quando parla di doppia morale.

Sull’economia si cade dalla padella alla brace, con l’Europa che immediatamente bacchetta l’Italia dicendo che è uno dei paesi con i conti pubblici più “squilibrati d’Europa” e che il nostro debito “eccessivo” mette a repentaglio tutta l’Ue, senza dimenticare che il nuovo governo non sembra aver restituito fiducia agli italiani, che anche questo mese hanno contratto i consumi dell’1,6%, frenando ulteriormente la paventata crescita.

Al di là del marketing come quello della canzoncina pro-premier fatta cantare ai bambini della scuola Raiti di Siracusa, al di là degli annunci e delle passerelle, sembra che l’esordio di Renzi a Palazzo Chigi debba far preoccupare non poco. Troppe chiacchiere e distintivo e pochi fatti concreti.

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