In soffitta i sogni di Renzi: era andato in Europa per suonarle ed è stato suonato

22 Mar 2014 18:58 - di Silvano Moffa

Un orizzonte di medio periodo. È l’arco temporale sul quale prudentemente il ministro dell’Economia, Carlo Padoan, assesta l’azione di governo. Più del tempo, però, sembra prevalere la preoccupazione di un ciclo congiunturale dell’economia ancora esposta a molti rischi. Occorrono riforme strutturali. Crescita e buona occupazione, però, non debbono mettere a “repentaglio la stabilità dei conti pubblici”. La trasferta di Bruxelles, al di là della grancassa mediatica ad alto tasso di decibel per far passare l’idea di un Renzi di rottura rispetto alla rigidità di Barroso, alla albagia dei tecnocrati e al rigore della Merkel, ha lasciato segni indelebili. Un orizzonte a medio termine significa mettere in soffitta i sogni di rapidità cui Renzi ha affidato il suo cliché , quella velocità di azione che doveva sconvolgere e capovolgere, l’ idea a suo modo rivoluzionaria di scompaginare i giochi in Europa, dopo aver sovvertito le regole nel partito di cui è segretario, e mandato a casa il governo precedente, senza troppi riguardi per un presidente del Consiglio della sua stessa parte politica. La cautela di Padoan mette in chiaro un punto essenziale: gli spazi per aumentare i deficit e i debiti pubblici sono ridotti al lumicino. Il Consiglio europeo lo ha ribadito in maniera netta. D’altro canto, con  Paesi che viaggiano su livelli di indebitamento superiori al 90 per cento del Pil , è inutile sperare dalla Germania e dai Commissari europei cambiamenti di rotta. Il rigore resta e non si tocca: questo  è stato affermato a chiare note. Nè è  permesso coltivare illusioni su politiche che  siano disancorate da quelle monetarie. Certo, gli Stati debbono concretamente impegnarsi nel fare le riforme richieste, per rendere più efficienti le rispettive economie nazionali. Ma tutto questo non altera minimamente la filosofia di Bruxelles.  Insomma, a mente fredda e lontano dai riflettori, si comincia ad avvertire l’amara sensazione che, andato per suonarle,  il  baldanzoso  Matteo Renzi è tornato suonato. Non ingannino le sue esternazioni postume del tipo “mai supini con la Ue”. Per ora i fatti dicono il contrario. Persino la speranza di una leggera apertura sul patto di stabilità, al solo fine di liberare un minimo di risorse utili per gli investimenti, rischia di dileguarsi come neve al sole.  Mentre l’azione di spending affidata alla mani del commissario Cottarelli sta incontrando ostacoli e riserve anche nello stesso presidente del Consiglio. E’ significativo il fatto che Renzi, come ha ammesso,  nutra dubbi sul piano dei tagli proposti. A cominciare – cosa sulla quale concordiamo – da quelli ipotizzati sulle pensioni. Come se su quel versante il governo Monti non avesse fatto già abbastanza danni nei confronti dei pensionati e degli esodati. A proposito di danni, secondo uno studio della Confcommercio , tra il 2008 e il 2013, ossia nel periodo più acuto della crisi, tra imposte dirette e indirette, le risorse a disposizione delle famiglie si sono ridotte complessivamente per oltre 70 miliardi. Le manovre correttive di finanza pubblica hanno comportato un aumento di tasse per oltre 56 miliardi. Sulle spalle delle famiglie la pressione fiscale è aumentata dell’1,6 per cento medio annuo. Il carico di prelievo maggiore è dovuto alla tassazione locale. Che pesa molto più di quella centrale e colpisce soprattutto i territori meno sviluppati. Nelle condizioni attuali, con i Comuni fortemente indebitati che dovranno far quadrare i conti nel passaggio Imu-Tasi, la situazione non potrà che peggiorare. La tendenza diventerà più acuta. Diciamolo con franchezza: per salvare l’Italia e farla rispettare in Europa bisogna imboccare altre strade. Invece di specchiarsi nell’ eloquio battutista, Renzi dovrebbere smettere i panni del Giamburrasca sbarazzino e indossare quelli di leader, capace di proporre qualcosa di diverso e di nuovo ai partner europei. L’ idea di un euro mediterraneo per i paesi che affacciano sul Mare Nostrum l’abbiamo più volte sollecitata da queste colonne. Da un po’ di tempo, di una Europa che ridefinisca la sua entità su basi geografiche e su sistemi geoeconomici più adatti  e congeniali alle popolazioni, e in linea con le condizioni delle rispettive economie nazionali, parlano con insistenza Prodi e Guarino. Sarebbe un peccato per Renzi,e anche per il centrodestra, lasciar cadere il dibattito nel vuoto.

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