Gli errori del centrodestra nell’ultimo ventennio? Si chiamano federalismo e sudditanza a Bruxelles

29 Mar 2014 14:43 - di Silvano Moffa

Nella Repubblica di Platone la politica è detta “he téchne politiké” . Per fare politica devi conoscere la nave, l’equipaggio, le correnti, i fondali, i venti, le stelle. E’ legittimo chiedersi se l’insegnamento di Platone serva ancora a qualcosa. Con i tempi che corrono è  consentito nutrire qualche dubbio. L’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha dedicato un libro intero – “Bugie e verità ” – per correggere “gli effetti della distorsione informativa sviluppatasi in crescendo soprattutto negli ultimi due anni, per giustificare prima il governo Monti, poi il suo sequitur, infine l’odierna dittatura del tempo sprecato o distrutto”. E lo ha fatto da par suo: con acume, dovizia di particolari (alcuni anche poco conosciuti), piglio polemico,  indubbia capacità di analisi e  visione di futuro. La sua è una indispensabile e salutare opera di “riequilibrio” della bilancia politica, tra sinistra e centrodestra.

Perché, annota, ” si tende a far credere che il centrodestra abbia commesso tutti gli errori e la sinistra nessuno, che il centrodestra sia il colpevole necessario e la sinistra, invece, l’innocente predestinato”. Che le cose non stiano in questo modo è fuor di dubbio. Né, d’altro canto, si può capire la condizione presente del nostro Paese ( e rintracciare le responsabilità) se non si pone lo sguardo ai decenni che hanno preceduto l’ultimo ventennio, quello, per intendersi, segnato dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi, nel 1994. Fu proprio in quegli anni, a cavallo tra l’Ottanta e il Novanta, un arco di tempo integralmente dominato dalla sinistra, che furono commessi enormi errori e approvate riforme devastanti. Fu un  decennio funesto. Il perido in cui ebbero origine “le principali dinamiche negative che oggi stanno portando l’Italia allo sprofondo della sua crisi”. Basti pensare, solo per fare qualche esempio, alla ubriacatura federalista, risoltasi in una soluzione raffazzonata, improduttiva e terribilmente paralizzante. Una ubriacatura che portò alla riforma del Titolo V della Costituzione: una autentica follia, di cui oggi molti si sono pentiti. Oppure  alla forzatura sui tempi e sui modi che hanno scandito l’ingresso dell’Italia nell’euro e la suicida accondiscendenza a mettere le regole europee sempre e comunque al di sopra della nostra Carta costituzionale.

Per non  parlare  delle spinte ad incrementare il debito pubblico, le cui radici affondano in anni precedenti, ma i cui effetti giungono fino ai nostri giorni. Fermiamoci qui. Le tesi di Tremonti hanno una fondata regionevolezza e sono supportate da riscontri effettivi. Ad essere onesti manca ancora, però, una  analisi sincera e obiettiva sui limiti del governo di  centrodestra. Prima o poi bisognerà pur spiegare perchè, quando è andato al potere, il centrodestra non è riuscito, se non parzialmente, a determinare il cambiamento sul quale aveva investito in termini di credibilità e di consenso, e ha finito con l’essere imbrigliato, soffocato da quelle stesse logiche e spirali che avrebbe voluto e dovuto combattere. Tornando alla frase di Platone e alla situazione attuale, si avverte la sensazione che con Renzi tutto stia tornando più o meno come prima. Parliamo della sinistra di governo, beninteso. A proposito di nave e di equipaggio, ci sono segnali di  sballottamento ai primi marosi, soffiano  venti contrari e affiorano pericolose incertezze sul verso cui indirizzare la poppa. Il Jobs act sta procurando diffusi mal di pancia nel Pd. Epifani , e non solo lui, lo detesta. La Camusso non lo digerisce. Damiano, presidente della Commissione lavoro della Camera, non ne vuol sapere di allargare l’area della flessibilità per i contratti a tempo determinato. Sulla riforma della pubblica amministrazione, il superamento del turn over , il pensionamento anticipato dei dirigenti per svecchiare il settore pubblico e favorire la “staffetta generazionale”, la ministra  Marianna Madia ha provato ad anticipare al Corriere i contenuti della proposta che porterà nel Consiglio dei ministri, ma è stata subito bacchettata dalla collega della pubblica Istruzione, Stefania  Giannini. “Un sistema sano non manda a casa gli anziani per far entrare i giovani”, ha commentato quest’ultima. Se non è una bocciatura, ditemi voi cos’è ?

Ancora: dopo le polemiche dei giorni scorsi, e la visita di Obama, un’altra ministra, quella della Difesa, Roberta Pinotti, parlando alla cerimonia per il novantunesimo anniversario della fondazione dell’Aeronautica militare, ha dovuto fare marcia indietro sugli F35. Puntuali, sono arrivate le  reazioni stizzite dall’interno del suo stesso partito. Persino Carlo Padoan, neo ministro dell’Economia, è chiamato ad adattarsi alla non facile arte della mediazione, tra esigenze di bilancio, conti della Ragioneria e esuberanza  giovanile del presidente del Consiglio, il quale continua a ripetere il mantra del cambiamento , promettendo imperscrutabili palingenesi. Ai malumori di casa Pd si aggiungono quelli di Berlusconi e di Forza Italia. Ci si chiede se il patto sancito tra i due leader al Nazareno resisterà alla intemperie non solo giudiziarie che preoccupano l’ex Cavaliere. Da quelle parti comincia a stancare il gioco di Renzi nell’ invertire Italicum e  riforma del Senato. In più c’è il cartello delle nomine.  In ballo ci sono cinquecento posti tra presidenti, amministratori delegati, consiglieri, a partire da Eni, Enel, Poste  e Finmeccanica. Una bella quota di potere “politico”. Da distribuire. Renzi vorrebbe tutto per sè. Ma ha mai letto l’inquilino di Palazzo Chigi la  Repubblica di Platone ?

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