E adesso la giunta Pisapia chieda scusa a Dolce e Gabbana…

25 Mar 2014 20:46 - di Redazione

La giunta del Comune di Milano chieda scusa a Dolce & Gabbana e l’assessore al Commercio, Franco D’Alfonso, si dimetta: è la richiesta che si alza dal centrodestra, dopo la notizia della richiesta di assoluzione per i due stilisti fatta dal sostituto procuratore generale di Milano. «L’assessore D’Alfonso chieda pubblicamente scusa ai due stilisti e si dimetta, eviteremo così che Milano in futuro possa nuovamente essere esposta al pubblico ludibrio», attacca il coordinatore cittadino di Forza Italia, Giulio Gallera, che ricorda come «solo pochi mesi fa l’assessore aveva tuonato: “Niente spazi del Comune a chi evade il fisco”, riferendosi a Dolce e Gabbana». Una sparata contro «uno dei settori più importanti della nostra economia e della nostra immagine nel mondo», che aveva portato a una “guerra” con la maison che per protesta aveva anche chiuso per un giorno i suoi store in città. Dello stesso avviso è anche il consigliere di Fratelli d’Italia, Riccardo De Corato, che allarga la richiesta di un gesto riparatore all’intera giunta comunale. «Credo che il sindaco Pisapia, e tutta la sua giunta – afferma -, dovrebbero chiedere ufficialmente scusa alla maison, la cui credibilità è stata infangata».

Nel corso della sua requisitoria nel processo d’appello il sostituto Pg di Milano, Gaetano Santamaria, prima di chiedere l’assoluzione per gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana e per altre quattro persone accusate di evasione fiscale, ha in sostanza difeso l’operato dei due fondatori della multinazionale della moda D&G, parlando di una «impresa moderna». Lo scorso 19 giugno, gli stilisti sono stati condannati a un anno e 8 mesi (pena sospesa) assieme al loro commercialista Luciano Patelli e ad altri 3 manager (a un anno e 4 mesi), tra cui Alfonso Dolce, fratello di Domenico. Al centro del processo una presunta evasione fiscale che sarebbe stata realizzata, secondo le indagini che erano state coordinate dai pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, con una ‘estero-vestizione’: con la creazione nel 2004 di una società ritenuta fittizia in Lussemburgo, la Gado, per ottenere vantaggi fiscali. La cifra contestata all’inizio delle indagini di un miliardo di euro si era poi ridotta con la sentenza a circa 200 milioni di euro e la condanna di primo grado era arrivata solo per il reato di omessa dichiarazione dei redditi. Mentre per la restante parte (circa 800 milioni di euro) e per il reato di dichiarazione infedele dei redditi i due stilisti, difesi dai legali Massimo Dinoia, Fortunato Taglioretti e Armando Simbari, erano stati assolti dal Tribunale. Tra l’altro, il primo aprile del 2011 tutti gli imputati erano già stati assolti sia dall’accusa di truffa (inizialmente contestata e poi caduta definitivamente) che da quella di evasione fiscale, ma poi la Cassazione nel novembre 2011 aveva annullato i proscioglimenti e un nuovo giudice li aveva mandati a processo, nel giugno 2012. Poi erano arrivate le condanne. Oggi la richiesta di assoluzione da parte del sostituto pg, che rappresenta l’accusa nel processo davanti ai giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello,

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