Cristicchi ricorda l’eroe “scomodo” della strage di Pola provocata dai comunisti di Tito

29 Mar 2014 18:20 - di Francesco Signoretta

Un’immagine ingiallita dal tempo. E una scritta: «Il dott. Geppino Micheletti in una rara foto presta i primi soccorsi in strada, dopo lo scoppio sulla spiaggia di Vergarola (18 agosto 1946). Salverà tantissime vite. Un eroe sconosciuto». Simone Cristicchi rilegge un’altra terribile pagina di storia, di quelle che è difficile trovare sui libri di scuola perché scomoda. Siamo nell’agosto del 1946. Sulla spiaggia di Pola esplose un deposito di materiale bellico e morirono almeno ottanta persone. In quel momento, l’Istria era rivendicata dalla Jugoslavia di Tito, che l’aveva occupata da almeno un anno. Pola invece era in mano alle truppe britanniche e quindi non veniva controllata dagli slavi.  Gli italiani erano i nemici, i fascisti da cacciare, da perseguitare.

La spiaggia era gremita di bagnanti, tra i quali molti bambini. Ai bordi dell’arenile erano state accatastate ventotto mine antisbarco – per un totale di circa nove tonnellate di esplosivo – ritenute inerti perché erano stati tolti i detonatori. Alle 14,15 l’esplosione delle mine provocò una strage. Alcune persone rimasero schiacciate dal crollo dell’edificio della “Pietas Julia”.  I soccorsi furono complessi e caotici, anche per il fatto che alcune persone furono letteralmente “disintegrate”. Nell’opera di assistenza medica si distinse in particolar modo proprio il dottor Geppino Micheletti che – nonostante avesse perso nell’esplosione i figli Carlo e Renzo, di 9 e 6 anni – per più di ventiquattr’ore consecutive non lasciò il suo posto di lavoro. Ma di quest’uomo, di questo eroe, non parla mai nessuno, un silenzio che dura da decenni. Perché allora – come accaduto in seguito per tanti episodi in cui c’erano responsabilità politiche ben precise, “rosse” – si tentò di dare la colpa agli altri. Era fin troppo chiaro che la strage di Vergarolla fosse un attentato organizzato da chi aveva interesse a mandar via la popolazione di lingua italiana dalla maggiore città istriana, e cioè i comunisti di Tito. Ma non si doveva dire. L’Unità ne diede notizia dopo i funerali. Il titolo: «Gli angloamericani responsabili della strage di Pola». La tesi del quotidiano dell’allora Pci era che era stata una disgrazia, dovuta all’incuria degli angloamericani. La stessa Unità, in quelle settimane, conduceva una campagna di stampa in difesa degli interessi jugoslavi nella regione, contro «i servi del fascismo e dell’Italia fascista». Ora quella pagina di storia, una ferita dolorosissima per il popolo italiano, è stata ricordata di nuovo da lui, da Cristicchi, che – tra le aggressioni dell’estrema sinistra – ha avuto il grande merito di riparlare delle foibe e dell’esodo istriano grazie allo spettacolo Magazzino 18. E basta leggere uno dei tanti commenti, postati sotto l’immagine di Geppino Micheletti, il dottore, l’eroe: «È una delle storie più toccanti… non so quante persone al posto suo avrebbero avuto una simile forza. Grazie per aver pubblicato la sua foto, ora so che volto ha questo immenso eroe, il cui ricordo resterà indelebile nella mia memoria per il resto della mia vita».

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