Anche Bankitalia sale sul carrozzone renziano: appello per le riforme e “legnate” a sindacati e imprese

28 Mar 2014 12:05 - di Guglielmo Federici

Anche Bankitalia spinge sul tasto delle riforme e “vede rosa”. Come un sostanziale endorsment alla strategia renziana possono essere lette le parole del numero uno di via Nazionale, Ignazio Visco, che alla commemorazione dei 100 anni di Guido Carli all’Università Luiss ha dichiarato

di cogliere un’inversione di tendenza nell’andamento della crisi. «I segnali di risveglio che vediamo sono incoraggianti, ma vanno confermati con un’azione riformatrice costante. «Solo affrontando risolutamente i nodi strutturali» sarà possibile riprendere un sentiero di crescita robusta e duratura. «La nostra economia ha subìto una ferita – prosegue Visco – né l’impulso della spesa pubblica, pur se orientata nelle direzioni più congrue, né l’espansione creditizia, pur se attuata con coraggio, varranno, da soli, a restituirle vigore». Via con le riforme, allora, unica via, secondo Bankitalia, per innescare la produttività», per rimetterci in carreggiata. Il presidente di Bankitalia non risparmia le accuse e va all’attacco di sindacati e imprese,  anche qui in parallelo con il “gelo” renziano. A frenare il Paese sono state le vecchie logiche, «le rigidità legislative, burocratiche, corporative, imprenditoriali, sindacali sono sempre la remora principale allo sviluppo del nostro Paese». Parole che sembrano confermare e incoraggiare la freddezza del governo Renzi verso sindacati e Confindustria. Ricordate? «Sindacati contro? Ce ne faremo una ragione», aveva detto il premier scatenando le ire di Camusso & Co, “schiaffeggiati” di nuovo qualche giorno fa dal  ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia. «Non è detto che ci saranno dei tavoli, perché abbiamo tempi molto stretti», ha detto rispondendo a chi le chiedeva di un’ipotetico tavolo di confronto con i lavoratori del pubblico impiego. Anche con Confindustria la “chimica” con Renzi non funziona come dimostrano le polemiche sui tagli agli stipendi dei manager pubblici e quelle sul ™tesoretto” di dieci miloni di euro dati alle famiglie anziché alle imprese.

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