Pagine di storia/Il bombardamento di Padova dell’8 febbraio: quando il rifugio diventa una trappola mortale

8 Feb 2014 18:05 - di Antonio Pannullo

Come ha scritto lo storico inglese Eric Morris nel suo saggio  “La guerra inutile. Campagna d’ Italia 1943-45” (Longanesi) i bombardamenti dei liberatori uccisero più italiani di quanto ne uccisero i tedeschi. Quasi centomila a fronte di ventimila, per chi tiene alle cifre. Certo è che la strategia degli alleati, bombe a tappeto sui civili, non fu una decisione di cui andare fieri. Purtroppo la strategia avrebbe trovato il suo coronamento con Hiroshima e Nagasaki. L’8 febbraio del 1944, ossia 70 anni fa, avvenne il bombardamento più famoso di Padova. Più famoso perché colpì il bastione Impossibile, dove avevano trovato rifugio 500 persone, 400 delle quali morirono. Più famoso, ma non l’unico, perché Padova e provincia subirono circa duemila incursioni aeree dei liberatori, con un bilancio di migliaia di vittime civile, forse tremila. Bilancio che avrebbe potuto essere molto ma molto più pesante se il pilota della Repubblica Sociale Giovanni Battista Boscutti, con la sua squadriglia “Asso di Bastoni”, non si fosse levato in volo con altri 38 aerei per contrastare le 300 fortezze volanti anglo-americane che si stavano dirigendo su Padova per raderla al suolo. Dopo una resistenza eroica e aver inferto danni sensibili al nemico, Boscutti fu abbattuto, ma l’incursione fu fermata. Gli abitanti della città veneta erano salvi. Tra l’altro, il comandante di Boscutti era un altro celebre aviatore, Visconti, che dopo la resa fu assassinato dai partigiani a Milano con un colpo alla nuca. Dopo che gli era stato promessa salva la vita. Ma tornando all’8 febbraio precedente, quando a iniziare dalla mezzanotte la città fu illuminata a giorno da migliaia di razzi bengala, che consentirono alle formazioni, inglesi stavolta, di distruggere e uccidere. Vicino al nodo ferroviario Porta Trento-stazione, fu centrato il bastione cinquecentesco chiamato Impossibile, chiamato dai patavini Raggio di Sole, che serviva da rifugio ai civili. Le vittime, come detto, furono 400. Molti edifici subirono danno e la fabbrica della Pirelli in via Giotto fu completamente distrutta. Ma non fu né il primo né l’ultimo. Il calvario di Padova iniziò nel dicembre 1943 e andò avanti per un anno e mezzo. Arrivavano gli incursori anglo-americani e colpivano indiscriminatamente case, strade, fabbriche, mercati affollati, vagoni pieni di pendolari, chiese, cimiteri, opere d’arte, tutto. Dopo il settembre 1943 fu chiaro che dal Sud ormai liberato sarebbero partite le Fortezze volanti, i temibili B17 (antenati dei B52), per devastare tutta l’Italia. A Padova toccò il 16 dicembre, un bel giovedì di sole, quando 70 B17 sganciarono circa 20 tonnellate di bombe sulla città. Il 30 dicembre si replicò: i quadrimotori bombardarono di nuovo tutta la città causando danni in particolare al Tempio Ossario della Grande Guerra: i resti dei caduti rimasero insepolti per giorni. Altri bombardamenti significativi si ebbero l’11 marzo, com l’utilizzo di ben 111 Fortezze volanti, e il 22 e 23 marzo, quando rimasero danneggiati l’ospedale psichiatrico, il cimitero, il duomo e il battistero. L’anno successivi, il 14 maggio, 100 B17 colpirono con particolare violenza, con bombe di 500 chili: andò distrutta la chiesa di San Leopoldo a Santa Croce. Un altro bombardamento di cui gli abitanti hanno ricordo fu quello del 4 gennaio 1945, quando una bomba colpì un treno carico di esplosivo, causando una colonna di fumo altissima. Chi si trovava in piedi, raccontano i testimoni, fu scagliato a qualche metro di distanza.

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