Machiavelli, Bruto, Vasco Rossi… Si sprecano i paragoni e le citazioni per dipingere una pagina molto “democristiana”

13 Feb 2014 20:10 - di Redattore 54

La politica italiana si rivela ancora una volta incomprensibile per i commentatori esteri. E lo si vede dai paragoni scelti per spiegare quello che sta succedendo nei palazzi romani. Comincia il Financial Times, che affibbia a Matteo Renzi un soprannome che probabilmente lo marchierà per l’intera sua brillante carriera: “demolition man”. E sono i commentatori britannici a scomodare parallelismi storici per venire a capo di una crisi che è molto in linea, in realtà, con la tradizione democristiana dell’Italia. Scrive uno di loro, Geoff Andrews: “Porto con me una copia del Principe di Machiavelli per parlare della crisi politica italiana”.

Addirittura, un classico del pensiero politico per l’esegesi di una guerra intestina al Pd. Ma su questo paragone, va detto, pesa la cattiva fama di cui Machiavelli gode in un paese come l’Inghilterra, in cui l’autore del Principe viene ingiustamente considerato il paladino di una politica priva di etica mentre in realtà sappiamo che fu colui che seppe meglio spiegare che la sfera della politica e quella della morale sono distinte e separate. Un collaboratore della Bbc, invece, scrive su Twitter: Matteo Brutus Renzi. Renzi come Bruto. La congiura. L’assassinio politico. Una mossa che era annunciata, in verità, fin da quando Renzi vinse le primarie. E poi il Cesare da accoltellare dove sta? Non è certo Enrico Letta, nome d’emergenza scelto in una fase d’emergenza per un governo d’emergenza. Semmai il vero Cesare è Napolitano. Che ancora adesso sta saldamente in sella e muove i fili del “teatrino”, coniugando la Costituzione con il mantra della “stabilità” (eppure gli assetti trovati sono sempre più traballanti, sempre più instabili, sempre più distillati da alambicchi che fondono interessi contrastanti).

A dispetto dell’esagerazione dei media britannici, qua da noi le citazioni volano basso. Spruzzatine di retorica, come Renzi che cita dal film L’attimo fuggente: “Due strade trovai nel bosco e scelsi quella meno battuta”. Riaffiora il vizio antico di presentare ogni decisione, ogni azzardo, ogni ribaltone, dietro la cortina fumogena della metafora dell’avventura, del nuovo, del rischio, dell’avventura coraggiosa e solitaria. Perché un vero leader non fa intrighi di corte (e quando li fa, come nel caso specifico, non lo dice, anche se tutti lo capiscono…). Spruzzatine di retorica anche minimalista, come quando il povero Enrico Letta cita un verso di Sally, canzone di Vasco Rossi: “Ogni giorno vissuto come fosse l’ultimo”. Temprato dalle pratiche zen, Letta si congeda sulle note di una “canzonetta”. Perché qua da noi è tutto “leggero”, altro che le tragedie evocate dai cronisti british. Qua danziamo tra bandane, loden e Smart. Si danza e si sorvola. E non si evochi il Titanic. Perché poi le navi affondate, come la Concordia, si rialzano…

 

 

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