L’asse Grillo-Vendola prova a lanciare la “bomba” del conflitto d’interessi sulla legge elettorale

7 Feb 2014 19:41 - di Redazione

Norme anti-Berlusconi sul conflitto d’interesse gettate nel dibattito come tentativo di far inciampare l’asse tra Pd e Forza Italia che procede verso il varo della riforma della legge elettorale: è  questa l’ultima trappola per sabotare l’Italicum. Con cinque emendamenti presentati alla Camera Pino Pisicchio (Cd), Gregorio Gitti (PI), Marco Di Lello (Psi), Gennaro Migliore (Sel) e Riccardo Fraccaro (M5S) provano, con diverse formulazioni, a sancire l’ineleggibililità per chi ha partecipazioni di controllo o dominanti in società concessionarie dello Stato. Sugli emendamenti la prossima settimana la Camera potrebbe essere chiamata a votare a scrutinio segreto. Ed è questa la speranza dei “sabotatori”: provare a scatenare i franchi tiratori del Pd. Tre degli emendamenti sul conflitto d’interessi sono stati presentati da partiti che sostengono il governo (PI, Cd, Psi), altri due da gruppi di opposizione (M5S e Sel). Ciascun gruppo potrà decidere se mettere il testo in votazione, ma PI, Cd e M5S dichiarano che lo faranno.

Tra i 264 emendamenti alla riforma elettorale presentati in Aula alla Camera ce ne sono anche due che prevedono le primarie come strumento per comporre le liste elettorali dei collegi plurinominali, entrambi firmati da parlamentari del Pd: il primo, depositato da Simone Valiante, stabilisce l’obbligo per i partiti di ricorrere alle primarie, pena l’esclusione dalle elezioni; il secondo prevede primarie facoltative ma organizzate dallo Stato, ed è stato presentato da Marco Meloni, e sottoscritto da numerosi deputati delle diverse correnti del Pd. Il governo, e in particolare i ministeri dell’Interno e del Tesoro, hanno visionato gli emendamenti in modo da poter esprimere un parere al momento della discussione. E a via XX Settembre è balzato all’occhio che entrambe le proposte, se approvate, avrebbero dei costi per le finanze pubbliche, che però non sono ancora quantificabili. Se il Viminale si facessero carico di tutti gli aspetti, alle fine i costi delle primarie sfiorerebbero quelli delle elezioni normali, che in genere ammontano a circa 350 milioni. Di qui l’osservazione informale comunicata dal ministero dell’Economia, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, ai membri della commissione Affari costituzionali della Camera che ha portato il testo in aula. Ufficialmente, però, il Tesoro ha smentito, con una nota, lo stop all’emendamento.  Al lavoro per bloccare l’Italicum c’è anche Fratelli d’Italia, secondo cui “la legge elettorale che si vuole proporre è peggiore di quella vista finora”, come ha detto ieri a Cagliari la leader Giorgia Meloni. «È un provvedimento che ci ripropone le liste bloccate perché Renzi e Berlusconi – ha osservato Meloni – vogliono continuare a nominare i parlamentari al posto di farli eleggere dagli italiani perché così li controllano. Stanno facendo una legge che definiscono giusta ma con la quale si fregano i voti di tutti gli altri partiti che non sono i loro».

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