La guerra di poltrone non è solo un problema del Pd ma di tutti noi

13 Feb 2014 10:20 - di Gennaro Malgieri

Il Partito democratico è un nido di serpi. L’evoluzione dei democrat ha prodotto mostruosità politiche che neppure nei momenti peggiori della Prima Repubblica si erano visti. Un segretario che non è neppure parlamentare, senza nessuna ragione fondata, pretende dal legittimo inquilino di Palazzo Chigi, esponente di primo piano del suo stesso partito, le dimissioni per prenderne il posto e, per di più, evitando un passaggio parlamentare ovvio e doveroso che certifichi la sfiducia al governo che il Pd ha fatto nascere e fino ad oggi ha sempre sostenuto.

In base a quale ragionamento Renzi vuole sottrarre a Letta la poltrona di premier? E’ presto detto. Al di là della bramosia di potere, avvolta dal nobile intento di far uscire il Paese dalla crisi (come se dipendesse la lui), l’ambizioso fiorentino punta ad intercettare il possibile allentamento della recessione, previsto per la seconda parte dell’anno, e prepararsi a guidare il partito da una indiscutibile posizione di forze alle elezioni che pretenderà dall’attuale capo dello Stato o da chi dovesse succedergli.

Di fronte ad una prospettiva di tal genere sbiadiscono le dichiarazioni dei giorni scorsi del sindaco-segretario di sostanziale appoggio al capo del governo: poveracci quelli che ci hanno creduto. L’obiettivo di Renzi è sempre stato soltanto quello di agganciare il potere – a proposito, tra qualche mese verranno rinnovate tutte le più alte cariche delle aziende di Stato – non attraverso il corretto metodo democratico delle elezioni, ma utilizzando le “primarie” di partito inevitabilmente elevate a misura di qualsivoglia svolta politica, ben al di là del più arrogante metodo partitocratico. Insomma, è un partito che determina il governo e non i cittadini attraverso libere elezioni. E poco male se l’effetto è quello di provocare perfino insanabili rotture nel partito stesso di appartenenza, come sta accadendo in queste ore. Ore scandite da inimmaginabili voltafaccia, come quello di Dario Franceschini che da più stretto collaboratore di Letta è diovenuto il deus ex machina della “congiura”, almeno stando ai resoconti di giornali solitamente ben informati sulla dinamiche di Largo del Nazareno e di Palazzo Chigi. I rapporti tra i due si sono irrimediabilmente frantumati e c’è chi dice che Franceschini diventerà presidente della Camera al posto della Boldrini per la quale sarebbe già pronta una poltrona ministeriale. Questa roba Renzi la chiama “discontinuità”. Ma ci si può fidare di un politico così? Di uno che telefona a Berlusconi  per avvertirlo di quanto sta per accadere e chiedergli “un’opposizione morbida” in cambio di un’azione di governo “non aggressiva”, come scrive il “Corriere della sera”? Che idea dobbiamo farci di chi avendo promosso la riforma della legge elettorale ne rallenta il percorso affinché non interferisca con i suoi piani di conquista del potere? E che cosa pensare dell’uomo che avendo esaltato il “rispetto delle regole” se le mette sotto i piedi per raggiungere il suo scopo?

Il Pd è un partito che ha in mano le sorti del Paese. Questo ci preoccupa non poco. Renzi non è soltanto un problema di Letta, ma purtroppo di tutti noi.Renzi

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