Il no di Giorgia Meloni: «Renzi, hai rottamato solo chi si è messo tra te e la poltrona»

25 Feb 2014 19:38 - di Valeria Gelsi

«Questa nostra democrazia non è ancora abbastanza evoluta da consentire di dare la fiducia al nuovo governo direttamente dalla sede nazionale del Partito Democratico. Noi non abbiamo ancora, come Italia, raggiunto il fulgido esempio delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, della Repubblica Popolare Cinese e, quindi, abbiamo dovuto scomodare lor signori per venire a far ratificare dal Parlamento quanto già deciso dalla sapientissima direzione del partito. E, quindi, poiché questo stanco rito deve ripetersi, anche noi procediamo alla nostra dichiarazione di voto». Giorgia Meloni ha fatto capire fin dalle prime battute quale sarebbe stato il tenore del suo intervento sulla fiducia al governo, che – va da sé – Fratelli d’Italia non avrebbe votato. Prima di tutto perché, per il partito, è inaccettabile che ancora una volta gli italiani siano stati privati della possibilità di votare. Poi perché questo è un «governo di sinistra, che radicalizzerà le posizioni sulle questioni etiche per far digerire al proprio elettorato i regali alle banche e alle lobby». E poi, ancora, perché il premier ha raccontato «tante storie commoventi, ma mancano le idee chiare sul da farsi». Ricorda, il presidente del Consiglio, che per il suo libro dei sogni servono le coperture finanziarie? Dove prenderà le risorse? A cosa le sottrarrà? Tutte queste domande, per FdI, restano senza risposta, nonostante i due interventi parlamentari del nuovo capo del governo. «Lei – ha commentato la Meloni – sta facendo quello che ha fatto Letta: ci sta chiedendo una fiducia in bianco». Quindi, no, Fratelli d’Italia «non ci sta, non darà la fiducia a un governo nato nella direzione del Pd e perfezionato nelle stanze della Bce». «Ma – ha chiarito la presidente del partito – nel merito dei provvedimenti saremo più leali di altri. Se saranno buoni interventi non avremo problemi a votarli. Se sarà ambizioso in modo smisurato per l’Italia, noi ci saremo. Se però sarà ambizioso per se stesso – ha precisato l’ex ministro della Gioventù – allora faremo le barricate». Dunque, non ci sono stati sconti e, soprattutto, giri di parole nell’intervento della Meloni. «In tempi di crisi si rottama poco e si ricicla molto», ha detto la presidente di Fratelli d’Italia, sottolineando che il nuovo governo di “nuovo” ha ben poco. Lo ha paragonato a «una di quelle pizzerie che ogni anno affiggono il cartello “Nuova gestione” per truffare il fisco e far credere agli avventori che qualcosa sia cambiato. Invece, l’oste è lo stesso, il personale è lo stesso e si continua a mangiare male allo stesso modo, ma i debiti non si pagano perché è cambiata la società». «Il Pd resta l’azionista di maggioranza di questo governo, come lo era del governo Letta», ha quindi sottolineato la Meloni, rivendicando al Parlamento, se non la possibilità di decidere, trasferita al Nazareno, almeno quella di ridare voce agli italiani. E «gli italiani non sono stupidi», ha ricordato la Meloni, aggiungendo che è stato non genericamente il Pd, ma il Pd di Renzi a votare in modo contrario agli interessi dei cittadini e della nazione. «È stato il Pd di Renzi – ha detto – a votare contro la legge di Fratelli d’Italia sulle pensioni d’oro. È stato il Pd di Renzi a votare il decreto Bankitalia. È stato il Pd di Renzi a votare le marchette alle lobby amiche». È la contraddizione di fondo dell’uomo Renzi e della sua politica quella che Fratelli d’Italia ha voluto mettere in evidenza spiegando perché non ci può essere fiducia. Da un lato le parole, dall’altro i fatti che le smentiscono in modo così smaccato da diventare dei tormentoni. «Ormai nei bar – ha raccontato la parlamentare al premier – si ride sulle ultime parole famose di Renzi: “Al governo solo passando per il voto”, “Stai sereno, Enrico”… Ecco, noi non stiamo sereni affatto», ha rincarato la Meloni, dicendo apertamente al premier che «lei si è dimostrato diverso da come si è presentato: il giovane rottamatore ha rottamato solo chi si metteva tra lui e la poltrona da premier».

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