Il giorno di Renzi al Senato: “Non ci sono più alibi”. Scintille con il M5S. Berlusconi deluso: discorso di basso profilo

24 Feb 2014 21:34 - di Redazione

Un discorso che rompe ogni rituale quello con il quale il premier Matteo Renzi chiede la fiducia al Senato che vuole cancellare. Il voto nella notte, con un sì annunciato. Renzi ha parlato a braccio per 70 minuti, forse più agli italiani che ai senatori. Un intervento puntellato di parole come “coraggio”, “sogno”, “visione”, “audacia”, “velocità”, “innovazione”. Ma Renzi non seduce. “Poche soluzioni e pasticciate, solo petardi”, dice per Forza Italia il coordinatore Giovanni Toti, mentre riservatamente il leader Silvio Berlusconi spiega di essere deluso per il discorso di basso profilo di Renzi. Ben più aggressivi i grillini, che accusano il premier di essere venuto al Senato a fare solo un’arrogante campagna elettorale.

Sono scintille con i M5S, che il premier cerca di mettere in difficoltà: “Il Pd ha vinto tante volte le elezioni, non si può dire di voi. Abbiamo una funzione sociale verso di voi, non è facile stare in un partito dove il capo dice non sono democratico”. Il Pd vota a favore, non senza agitazione. “Un comizio senza contenuti, voto per disciplina di partito”, affonda il senatore bersaniano Gotor mentre i seguaci di Letta lanciano l’hashtag #matteostaisereno. Ma a capo dell’opposizione interna c’è soprattuto Pippo Civati che, obtorto collo, vota sì puntando però a costruire un’altra sinistra. Non meno duro il giudizio di Sel, che con Nichi Vendola parla di “un discorso di strada, fatto solo di titoli”.

Annunciano il sì Ncd (“Non potevamo chiedere di più”, è il semaforo verde di Angelino Alfano), Scelta Civica, Udc, mentre i Popolari per l’Italia, ancora furibondi per l’esclusione di Mario Mauro dal governo, annunciano che voteranno no. Ma Renzi va avanti per la sua strada: “Abbiamo una sola occasione, è questa. Se perderemo questa sfida non cercheremo alibi, la colpa sarà solo mia – sprona -. Deve finire il tempo in cui chi va nei palazzi del potere poi trova sempre una scusa, non ci sono più alibi per nessuno e nemmeno per me”. I marò, la ragazza sfregiata dall’acido, il diciassettenne morto in un incidente, l’amico disoccupato del premier: sono le persone citate da Renzi. Le promesse fatte si conoscevano: la legge elettorale (“Rispetteremo nei tempi e nelle modalità prestabilite l’accordo”, a marzo legge elettorale alla Camera e contemporaneamente riforma del Senato e Titolo quinto a Palazzo Madama); lo sblocco totale dei debiti della Pubblica Amministrazione; dirigenti senza più contratti a tempo indeterminato; una riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale con misure serie e irreversibili; un sussidio di disoccupazione universale; fondi di garanzia per le piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito; dichiarazione dei redditi precompilata per un fisco “amico e non più ostile”. E ancora, un piano di edilizia per la scuola, l’istruzione al centro delle politiche del governo, un pacchetto organico di revisione della giustizia, uno ius soli temperato e una “sintesi” ancora da trovare sulle unioni civili.

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