Il Fmi dà il voto a Renzi, ma dimentica che la riforma delle riforme si chiama lavoro

28 Feb 2014 16:19 - di Giovanni Centrella

Il portavoce del Fondo Monetario Internazionale, Gerry Rice, ha dichiarato di aver ascoltato con molta attenzione il discorso che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha svolto in Parlamento. Rice ha voluto così dare il “benvenuto” del Fondo ad alcune delle misure annunciate dal premier augurandosi, anzi aspettandosi, l’attuazione di quelle riforme “nelle settimane a venire”.

Confessiamo che qualche dubbio ci assale. In molti, di orientamento politico diverso, hanno concordato almeno su un punto dei due discorsi – non proprio identici – tenuti da Matteo Renzi alle Camere e cioè che mancasse di sostanza e di dettaglio. Non solo nella quantificazione delle ingentissime risorse che occorrono per realizzare ciò che Renzi ha in mente, ma anche nella modalità con cui intende concretizzarle. Aspetti di non poco conto. Viene da sé chiedersi se l’Fmi possa eventualmente conoscere nel dettaglio le riforme che il presidente del Consiglio nelle prossime settimane si appresta a mettere in cantiere oppure se ha individuato nel discorso di Renzi qualcosa che a noi italiani è sfuggito.

Siamo d’accordo: il lavoro per noi dell’Ugl, più che la sua riforma, è la chiave di volta per la crescita e lo sviluppo, prima ancora della legge elettorale. Ma tutto quello che sappiamo delle intenzione di Renzi sta ancora in forma di slogan nel suo Jobs Act. Un documento, anch’esso, dal quale mancano dettagli, risorse, strumenti, ma abbondano invece proclami e programmi vaghi quanto ambiziosi, di difficilissima attuazione. Certo è che se per il Fondo Monetario Internazionale la chiave per creare crescita e sviluppo sta solo nelle regole e magari anche flessibili, non possiamo evitare di immaginare l’avvio di una stagione difficilissima e per la coesione sociale, a rischio esplosione, e per il raggiungimento di un obiettivo importante. Che non si limita semplicemente a “tenere occupati milioni” di individui, giovani e non, ma che consente di ricreare un circolo vizioso con il quale rimettere in moto il mercato interno, ovvero i consumi, quindi le produzioni e di conseguenza ancora altra occupazione. Al di là delle battute, c’è un altro aspetto che stiamo notando in questi giorni: un certo “disinteresse” verso le confederazioni sindacali. Un errore, perché il sindacato è il primo ammortizzatore sociale.

*Segretario Generale Ugl

 

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