Fuggi fuggi grillino. E sul web volano gli stracci: «Siete solo dei parassiti, restituite il malloppo»

27 Feb 2014 16:03 - di Redazione

Il rischio implosione non placa la guerra dei veleni in casa grillina. All’indomani della cacciata dei 4 senatori colpevoli di lesa maestà, saltano gli ultimi freni inibitori e la rete è presa d’assalto dagli sfoghi incrociati a suon di insulti da stadio. «Finalmente, zavorra che va via, persone che da questo momento diventeranno parassiti, dovrebbero dimettersi, non cambiare gruppo!» è il grido di battaglia lanciato dal portavoce del movimento alla Camera, Gianluca Vacca, subito condiviso da otto deputati lealisti,  tra i quali il leader degli ortodossi, Luigi Di Maio (il destinatario del pizzino di Renzi a caccia di dialogo) e Alessandro Di Battista. «Chi si sente a disagio –  dicono – colga il momento, segua l’esempio di questi individui». Poi l’attacco personale, violento. «Sembra che un paio di nostri deputati siano passati al Gruppo Misto. Si tratterebbe di Catalano, quello che non vuole restituire i soldi come fa il gruppo, e Tacconi, quello che ha speso svariate migliaia di euro per la campagna elettorale e non ha mai restituito la diaria», prosegue il post su Facebook. L’attacco arriva contemporaneamente alle dimissioni ufficiali di sei senatori, consegnate, dicono gli interessati, al presidente Pietro Grasso e al passaggio al gruppo misto di due parlamentari,  Alessio Tacconi e Ivan Catalano, appunto. A Palazzo Madama lasciano la casa grillina che li ha traditi Alessandra Bencini, Maurizio Romani, Laura Bignami, Maria Mussini, Monica Casaletto e Luis Alberto Orellana, quest’ultimo espulso dopo un processo sulla pubblica piazza dei social per aver preso le distanze da Grillo dopo lo streaming della consultazione con Renzi finita a metaforiche torte in faccia.  Non si sono dimessi, invece, gli altri tre senatori espulsi, Lorenzo Battista, Francesco Bocchino e Francesco Campanella che non molla, «alcuni intendono dimettersi dal Parlamento. Io no. Resto e proseguo la mia lotta. I motivi che mi hanno portato da Palermo a Milano sono sempre validi». E non è da solo: «Non voglio parlare di numeri, perché si tratta di scelte personali molto sofferte e quindi suscettibili di variazione, comunque ci sono altri colleghi disposti a seguirci nelle dimissioni dal gruppo del Movimento 5 stelle».

Volano gli stracci e il piano del confronto non è esattamente politico-programmatico come dimostra il duello di messaggi su Twitter che ha visto protagonisti Catalano e la collega Chiara Di Benedetto. «Prima di chiedere spiegazioni politiche per l’allontanamento di Alessio Tacconi e Ivan Catalano chiedetegli: #tirendiconto?», scrive Di Benedetto. «Ma renditiconto te», risponde piccato Catalano, «se dovessi raccontare quello che dici in Aula…». «Quanti soldi non hai restituito nel giro di un anno di legislatura?», insiste la Di Benedetto. «È scritto nel bonifico», risponde il deputato mentre nell’elegante conversazione si inseriscono altri teneri cinguettii che attaccano Catalano sul presunto malloppo sottratto, «non sei degno di proseguire il cammino, meglio perderti! Fuori subito». «Questi non sono dissidenti, sono dei furbetti che in questi mesi non hanno fatto che pugnalare alle spalle i loro compagni, fondando una loro corrente con tanto di logo», rincara la dose  Di Maio intervistato dal Mattino.

 

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