Casini, la “provocazione” di Grasso e il Senato che non vuol chiudere: ultimi numeri dal circo della politica

6 Feb 2014 9:43 - di Gennaro Malgieri

Ma allora è soltanto perché c’è una nuova legge elettorale che impone di coalizzarsi che Casini ha fatto la “mossa” ed ha annunciato il suo ritorno nel centrodestra (ma quale centrodestra poi, non è chiaro a nessuno)? Da quello che ha detto al convegno dedicato a Pinuccio Tatarella nel quindicesimo anniversario della sua morte, sembrerebbe proprio di sì. E, a parte l’ineleganza, non ci appare per niente convincente che un esponente politico non trovi altre ragioni, se non quelle della necessità e dell’opportunità, per compiere scelte come quelle alle quali si appresta il leader dell’Udc. Avesse almeno avvolto in una parvenza di condivisione programmatica (se mai ci fosse) la sua nuova ri-adesione al centrodestra, avremmo potuto capirlo. Ma così no; così è francamente inaccettabile perfino per i suoi compagni di partito. Non può essere una legge elettorale che indirizza l’impegno politico in un senso o nell’altro. Ecco perché la gente, quando capisce queste cose – e le capisce quasi sempre – finisce poi per allontanarsi dalla politica, disgustata.

Ma Casini è un “dettaglio” che dimostra tuttavia l’inconsistenza di operazioni che dovrebbero essere innovatrici e si rivelano invece soltanto vecchie, stantie, inguardabili insomma. Al cuore della crisi politica c’è sempre la vicenda Berlusconi dalla quale sembra proprio che non si possa prescindere mai, e non certo per la responsabilità del Cavaliere che aspirerebbe ad essere lasciato in pace. Ma è possibile che un presidente del Senato imponga (perché di questo si tratta) contro il parere del Consiglio di presidenza, la costituzione dell’organismo che rappresenta come parte civile nei confronti di un ex-senatore, qual è da qualche mese Berlusconi, come hanno chiesto i giudici di Napoli? Francamente ci sembra un’enormità a fronte di una vicenda che presenta molti lati oscuri e che già vede il leader di Forza Italia pesantemente coinvolto.

E’ un atto politico, non diremo “di guerra” come l’hanno definito i berlusconiani, che se poi ha delle conseguenze oggettivamente politiche nessuno può sorprendersi. E quali potrebbero essere? Il disimpegno nel portare avanti le riforme, per esempio, lasciando Renzi con il cerino in mano ed innescando nuovamente un processo di regressione che non potrebbe concludersi altrimenti che con il salto nel buio delle elezioni anticipate.

Non sappiamo se Pietro Grasso ha valutato le conseguenze del suo gesto. Qualcuno avrebbe dovuto consigliarlo per il meglio affinché non si aprisse una spirale distruttiva che sembrava scongiurata dopo l’accordo del Nazareno.

E poi c’è dell’altro. In questo bizzarro mondo politico accade anche che la progettata chiusura (sì, diciamo le cose come stanno) del Senato ha fatto insorgere, com’era prevedibile, i senatori. Circola una proposta di legge a Palazzo Madama con la quale si chiede, non senza ragione, di abolire la Camera dei deputati piuttosto che ridurre la Camera Alta all’irrilevanza. Le motivazioni sono tutt’altro che peregrine. Quando il disegno di riforma arriverà a Palazzo Madama ci sarà da divertirsi. E non detto che Renzi non riponga le sue cartuccelle in attesa di tempi migliori. Tempi che gli italiani stanno aspettando da almeno vent’anni.

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