Boia chi molla! E lo slogan missino della rivolta di Reggio diventa il grido di battaglia grillino

29 Gen 2014 15:27 - di Gloria Sabatini

«Boia chi molla!». È il nuovo grido di battaglia dei Cinquestelle scandito in aula dal sanguigno Angelo Tofalo prima della sospensione dei lavori per il decreto che accorpa l’abolizione della seconda rata dell’Imu 2013 con la privatizzazione di Bankitalia. «Boia chi molla, presidente Boldrini. Boia chi molla, e noi non molleremo fino alla fine», dice testualmente il deputato.Il motto di lontana memoria viene accompagnato dai cartelli agitati dai grillini davanti ai commessi. Come ha osato? Quello slogan viene da lontano e fa sobbalzare dagli scranni i sinceri democratici del Pd. Primo fra tutti Edoardo Fanucci, che stigmatizza duramente il comportamento dei colleghi grillini, che si esibiscono «con parole inadeguate e slogan che ci riportano a un passato drammatico, che vorremmo aver messo per sempre alle spalle» (mentre – continua l’esponente del Nazareno – il Pd e il governo sono impegnati duramente per evitare agli italiani la seconda rata dell’Imu). Che quello dei grillini sia un vernissage di linguaggi e iconografie “altrui” non c’è dubbio, ma che sia l’icona di un passato drammatico è una clamorosa balla. Per i più giovani il pensiero corre ai militanti del Fuan e poi del Fronte della Gioventù, custodi di un grido che rappresentava la voglia ribelle (oggi si direbbe antagonista) di resistere alla ghettizzazione voluta dall’establishment politico contro i “pericolosi” neo-fascisti sopravvissuti (Boia chi molla è il grido di battaglia; contro il sistema la gioventù si scaglia). Un grido trasferito anche nelle strofe di una canzone degli Zpm, uno dei primi gruppi di band di “Musica alternativa”.  “Sarebbe bello amore/piantare tutto e scappare via/lasciare qui i problemi/la nostra lotta e i nostri affanni/scappare via lontano/non ha importanza dove/dimenticare tutto… No! Non voglio rinunciare alla mia lotta/dentro al cuore sento un urlo/un qualcosa che mi sprona/sento un coro nella mente: boia chi molla!”.

Per i più distratti e non politicizzati il boia chi molla si collega istantaneamene agli striscioni esposti allo stadio o, se preferite, alla t-shirt indossata tra orgoglio e polemiche da Gigi Buffon alcuni anni fa. Ma lo slogan usato da Tofalo sotto la regia di Beppe Grillo (salvo che non lo sconfessi cacciandolo), chissà se con la complicità di Casaleggio,  viene utilizzato per la prima volta – almeno nel dopoguerra – durante i moti di Reggio Calabria del 1970. Una rivolta storica che durò diversi mesi alternando guerriglia urbana e repressione poliziesca. All’origine dei moti c’era la disputa tra Reggio e Catanzaro per il titolo di capoluogo della Regione, ma ben presto la rivendicazione reggina divenne una bandiera popolare sostenuta e promossa da esponenti locali della Democrazia cristiana, dal Movimento sociale italiano e dall’associazionismo cattolico. Il copyright è del missino Ciccio Franco, dirigente della Cisnal anche se, apprendiamo da Wikipedia, il motto fu usato già nel 1799 durante le barricate della Repubblica partenopea e venne utilizzata anche nelle Cinque Giornate di Milano del 1848. Il Pd può dormire, forse, sonni più tranquilli.

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