Attenti, il calo dello spread e l’avvento di Renzi ricordano l’inganno della Fata Morgana…

4 Gen 2014 12:22 - di Silvano Moffa

L’euforia in politica può giocare brutti scherzi. In economia, poi, rischia di produrre una vera e propria distorsione ottica. Un miraggio, che falsa la realtà. Tra le leggende che circondano il mito della Fata Morgana ce n’è una  ampiamente diffusa. È la leggenda  che narra di un re barbaro che voleva conquistare la Sicilia. Giunto in prossimità dello Stretto, e scorgendo l’isola all’orizzonte, si domandò come raggiungerla, quando una donna molto bella (la Fata Morgana) la fece apparire a due passi. Convinto di poterla raggiungere con poche bracciate, il re si tuffò in acqua, ma l’incanto si ruppe e morì affogato. La storia dello spread che cala grazie al governo Letta e l’opzione trivalente avanzata da Matteo Renzi in materia di riforme elettorali,  somigliano molto alla mitologia della Fata Morgana. Quando pensi di essere giunto alla meta, e in più cavalchi l’onda convinto dei tuoi meriti, rischi di sbattere la testa contro il muro della realtà. Sul Secolo è stato già spiegato come non reggono le argomentazioni  di comodo circa il calo dello spread. Sono più di due anni che sentiamo ripetere il ritornello della stabilità e dei conti in ordine per tirarci fuori dalla crisi.  Solo che entrambe le condizioni, pur importanti, non rappresentano i fattori principali e decisivi nell’abbattimento della barriera psicologica che fissa sotto soglia 200 il limite di “sicurezza” ( ammesso e non concesso che sia così) del differenziale tra i titoli pubblici italiani e quelli tedeschi.  I motivi sono altri. Vanno ricercati nel maggior appeal  dei  T-bond a più alto rendimento che tornano a fluttuare in Europa, dopo la massiccia iniezione di liquidità messa in circolazione dalle banche centrali americana e giapponese, e nella sensibile ascesa del rendimento tedesco, salito in un anno dall’1% al 2%, cosa che ha inciso sul rendimento dei titoli italiani,  da un mese intorno al 4%. Insomma, esiste una scala di priorità, una gerarchia di  dati, di  fattori e cause da tenere nel debito conto, se non vogliamo imbrogliare le carte e falsare il gioco. Si comprendono le ragioni che inducono il presidente del Consiglio a premere sul tasto come se avesse vinto il gran premio di Montecarlo. Solo che, al  casinò del mercato e della politica, è  al croupier che  spetta il compito di far girare la pallina. Con tutta la buona volontà di questo mondo nel giudicare il governo attuale, non  sembra affatto che la pallina sia nelle mani di Letta. Il ruolo di croupier, al momento, sembra spettare più a  Renzi   che a lui. Il neo segretario del Pd non  dorme la notte per mettere legna al fuoco.  Sa che il tempo non è dalla sua parte; che l’eccitazione per la vittoria alle primarie non è un balsamo eterno; che la discontinuità gridata a squarciagola ai quattro venti , se non praticata, si trasforma in un boomerang micidiale. E’ cosciente che il quadro politico è complesso, e  non facilmente modificabile. Conosce la tattica della propaganda permanente, come arma di interdizione (nei confronti del governo) e come genere da praticare per distogliere l’attenzione dalle questioni che più contano, e più scottano.  La riforma elettorale, presentata nella forma trivalente, è la prova evidente di un tatticismo sistemico,il tatticismo targato Matteo Renzi. Tre proposte alternative e  diverse.  Perché diversi e alternativi sono gli interlocutori , sia di maggioranza che di opposizione. Tre proposte gettate in campo per anticipare le motivazioni  della Consulta alla sentenza che ha decretato l’incostituzionalità del Porcellum. E , quindi, almeno in teoria, tutte e tre con il rischio di saltare  , come potrebbe accadere, se esse non dovessero reggere alle inibizioni e alle riserve avanzate dai giudici della Corte costituzionale.  Senza entrare nei dettagli ,  il senso tattico con cui sono state  presentate dice e  narra molto  più del loro intrinseco valore  , ossia della  loro adattabilità al nostro Paese e della forza che  potrebbero avere per restituire dignità alla politica, e  una più chiara e lineare legittimazione democratica- popolare alla rappresentanza parlamentare. Le polemiche , ma anche le condivisioni, che si stanno registrando sono illuminanti in proposito.  Michele Ainis, che partecipò , con altri esperti costituzionalisti, alla stesura del documento di indirizzo voluto a suo tempo dal Quirinale per fissare i paletti entro cui rianimare lo spirito riformatore della nuova legislatura,  se la prende, non a torto, con la smania di dettare “titoli” e sfuggire ai contenuti. Sotto i titoli di Renzi c’è una pagina bianca, osserva. Manca un antidoto contro le grandi ammucchiate, contro il potere di ricatto dei piccoli partiti. E conclude il ragionamento con un lapidario “fate un po’ come vi pare”. Però, almeno –  è la supplica finale – “tenete in caldo il valore  dell’unità: degli italiani, così come delle coalizioni di governo”.  Vuoi vedere che, alla fine, dopo il gran vociare, speranze e sogni di cambiamento  svaniranno  nel  vuoto di un tatticismo senza  sbocco ? Il mito della Fata Morgana ci perseguita.

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