Sos “made in Italy”: la protesta della Coldiretti al valico del Brennero contro i cibi taroccati

4 Dic 2013 14:52 - di Bianca Conte

Sono arrivati in migliaia alle prime ore del mattino, gli agricoltori e gli allevatori decisi a sfidare il freddo e a dichiarare guerra alla contraffazione. Pacifici ma determinati, hanno invaso la frontiera del Brennero tra Italia e Austria – luogo nevralgico quanto simbolico – per la mobilitazione “La battaglia di Natale: scegli l’Italia” promossa da Coldiretti per difendere il settore dalle importazioni di bassa qualità, spacciate come italiane. Imprenditori del settore agricolo e allevatori, provenienti da ogni parte d’Italia, hanno viaggiato tutta la notte per arrivare al valico, con ogni mezzo: trattori, pullman, automobili, camion. Hanno scelto l’area di parcheggio “Brennero” al km 1 dell’autostrada – direzione sud (Austria-Italia) – come campo base della protesta. Si sono riuniti tutti, al di là dei settori e delle competenze, pronti a far sventolare la bandiera del Made in Italy che – ribadiscono i manifestanti – deve essere garanzia di qualità e sicurezza. Così, attorno al tracciato stradale hanno iniziato a fermare i camion per sapere quale merce arriva, da dove e a quale destinazione sia diretta, mentre si sollevano via via cartelli volti a denunciare una realtà sempre più inquietante;  tra i più espliciti: «615.000 maiali in meno in Italia grazie alle importazioni alla diossina dalla Germania», «1 mozzarella su 4 è senza latte», «Il falso prosciutto italiano ha fatto perdere il 10% dei posti di lavoro», «Fuori i nomi di chi fa i formaggi con caseine e cagliate». Una protesta a cui si è aggiunta anche la voce del ministro delle politiche agricole Nunzia De Girolamo arrivata anche lei al Brennero, che ha condiviso la protesta della Coldiretti, sostenendo la battaglia in difesa del Made in Italy nella convinzione che, il nostro brand rappresenta «la grande occasione per il Paese di uscire dalla crisi».

E allora, dopo il pollo agli antibiotici, le uova alla diossina, il latte tossico. La mozzarella che diventa blu, i cibi scaduti rimessi  sul mercato, l’olio adulterato, e il vino senza uva, tutti “classici” della sofisticazione, pensavamo che lo scandaloso capitolo delle frodi alimentari avesse già ampiamente oltrepassato il limite delle colonne d’Ercole dell’immaginabile: ci sbagliavamo. E ce lo sottolinea un’indagine della Coldiretti che sulla base di percentuali e raffronti, sferra l’ultimo, indigesto pugno nello stomaco dei consumatori. Un colpo sotto la cintura, che infierisce sulla salute e getta discredito su un marchio inossidabile – nonostante tutto – come quello del Made in Italy che, a detta del report, contiene materie prime straniere per circa un terzo (33%) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio tricolore, con i consumatori che – oltre al danno subiscono la beffa – sono all’oscuro di quanto avviene alle loro spalle (e di quello che ripongono nelle loro dispense).

Così, nel dossier presentato dalla Coldiretti nell’ambito della mobilitazione che l’organizzazione agricola sta svolgendo al valico del Brennero contro le importazioni di bassa qualità spacciate come italiane, apprendiamo che quel poco che era rimasto fuori dall’escherichia coli che ha invaso trasversalmente alimenti e marchi fino ad oggi, finiscono ora sul libro nero dei controlli: e così, non superano l’esame neanche il prosciutto, la (solita) mozzarella e la pasta, i fiori all’occheiello della nostra produzione, insieme ad altri alimenti, emblemi gastronomici dell’italianità. «Gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali – denuncia senza giri di parole il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo – riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani ma fatti con maiali allevati all’estero. Inoltre tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri senza indicazione in etichetta; oltre un terzo della pasta è ottenuta da grano non coltivato in Italia, e la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere». Motivo? Il solito: ottimizzare i costi infischiandosene del risultato; basta abbellire la cornice per impreziosire il quadro. «La presenza di ingredienti stranieri nei prodotti alimentari realizzati in Italia – spiega infatti Coldiretti – è dovuta alla ricerca del rifornimento a basso costo e senza preoccupazioni per le conseguenze sulla salute: perciò finisce nel piatto dal concentrato di pomodoro cinese all’olio di oliva tunisino, dal riso vietnamita al miele cinese». Che vanno ad aggiungersi, come noto, ai pelati cinesi, alle mozzarelle tedesche, all’olio turco e al pecorino del Caucaso, che hanno invaso le nostre tavole con prezzi fai da te e confezioni inattendibili. Una lista della spesa contraffatta che non sembra avere fine, che rende di prioritaria importanza, come ha ribadito Moncalvo, «che sia resa trasparente l’indicazione dei flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero, e che venga bloccato ogni finanziamento pubblico alle aziende che non valorizzano il vero Made in Italy dal campo alla tavola». Sperando che il meglio della nostra produzione e tradizione culinaria non diventi prima o poi, visto l’andazzo, roba clandestina da nascondere in un passaggio segreto che si apre dietro il frigorifero…

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