Quella sentenza “rivoluzionaria” della Consulta riporta l’Italia indietro di vent’anni

6 Dic 2013 13:09 - di Oreste Martino

A vederli avvolti nella loro toga nera con merletti bianchi, riuniti in una sala antica e austera, i quindici giudici della Corte Costituzionale sembrano il massimo della conservazione, di quel “vecchio” che codicilli alla mano cerca di frenare il nuovo che avanza. Invece per la seconda volta i membri della Consulta hanno deciso di fare i rivoluzionari e di riformare con una loro decisione la politica italiana che, come nel gioco dell’oca, dopo venti anni è tornata al punto di partenza, a quell’immobilismo che qualcuno prima o poi doveva sbloccare.

Il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica fu sancito dalla decisione della Corte Costituzionale di ammettere – dopo precedenti tentativi andati a vuoto – il referendum di Mariotto Segni che intervenendo chirurgicamente sulla legge elettorale portò alla veloce approvazione del Mattarellum, alla discesa in campo di Silvio Berlusconi, alla nascita del centrodestra e all’introduzione del bipolarismo nella politica italiana. Lo stesso è accaduto adesso, con la politica paralizzata e incapace di riformare una legge elettorale dimostratasi inefficace nel garantire governi stabili. I quindici giudici costituzionali amputando in due parti il Porcellum hanno chiuso la Seconda e dato avvio al prologo della Terza Repubblica, che nascerà formalmente soltanto con le prossime elezioni da tenersi con una nuova legge elettorale.

Dal punto di vista sostanziale il risultato venuto fuori è peggio della situazione precedente, perché senza premio di maggioranza e con le preferenze il sistema che resta in vigore è un proporzionale con sbarramenti molto bassi e senza alcun premio per favorire la governabilità. Peraltro la legge che residua dall’intervento della Consulta è quasi uguale a quella con cui si votò nel 1992, bocciata poi dal successivo referendum del 1993. È quindi evidente che adesso il Parlamento deve approvare in fretta le nuove regole e andare al voto per rilegittimare se stesso e la politica tutta. Votare con il Porcellum amputato sarebbe folle sia per la situazione paralizzante che uscirebbe dalle urne sia per il discredito di questa legge elettorale, amplificato ulteriormente dalla decisione della Corte Costituzionale. Per approvare la nuova legge serve tempo, però, quindi il voto prima del 2015 diventa impossibile, anche a causa del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea che ci vedrà in piena vetrina internazionale da luglio a dicembre prossimi.

Assodato che Letta mangerà il panettone del Natale 2013 e anche del Natale 2014 resta da capire su che legge elettorale si troverà un’intesa. A questo punto in campo ci sono due assi, quello Letta-Alfano e quello Berlusconi-Renzi. Il primo asse è beneficiato dalla sentenza della Consulta perché blinda la legislatura e il governo fino al 2015 ed è probabile che punti ad un sistema alla tedesca sostanzialmente proporzionale, seppur leggermente corretto, una legge che permetta ad Alfano di farcela elettoralmente e ai due di allearsi in Parlamento se nessuno ce la farà a spuntarla largamente nelle urne. L’asse tra il Cavaliere e il sindaco di Firenze è quello sconfitto dalla sentenza della Consulta perché non può più ottenere il voto immediato, però è avvantaggiato dall’avere adesso un obiettivo che va bene e entrambi, quel Mattarellum che ha ben funzionato dal 1994 al 2006 e che sarebbe facile far rivivere. La legge elettorale con collegi uninominali maggioritari e quota proporzionale potrebbe interessare a Berlusconi e a Renzi, ma anche a Grillo che così punterebbe a vincere da solo una parte dei collegi. E andrebbe bene anche ai piccoli partiti, il cui contributo sarebbe indispensabile per far vincere i grandi partiti.

È molto probabile che per far nascere la Terza Repubblica alla fine si torni al vecchio sistema che inaugurò la Seconda Repubblica.

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