Legge elettorale verso il trasferimento alla Camera. Favorevoli Pd, Sel e Cinquestelle

12 Dic 2013 14:02 - di Redazione

Al Senato la riforma della legge elettorale può aspettare. Numeri alla mano i Democratici si mettono alla testa del manipolo di senatori che preferisce lasciare la patata bollente ai colleghi di Montecitorio. Una maggioranza della I commissione del Senato formata da Pd, M5S e Sel ha detto sì allo spostamento della legge elettorale alla Camera. La presidente Anna Finocchiaro, dopo aver sentito i capigruppo in commissione, riferirà al presidente del Senato, Pietro Grasso. Contro il rinvio si sono espressi tutti gli altri gruppi. Grasso, d’intesa con la presidente della Camera Laura Boldrini, dovrà decidere in quale ramo del Parlamento far proseguire l’iter della riforma. E nell’attesa della decisione, sono stati per ora congelati i lavori della commissione di Palazzo Madama, a partire dalla riunione del comitato ristretto sulla legge elettorale che era prevista per oggi. Molto critico, il senatore della Lega Roberto Calderoli: «Nasce una maggioranza nuova fatta da Pd, Sel e M5S, proprio i partiti che finora hanno chiesto continui rinvii della riforma. Ma dovranno comunque ritornare al Senato e questo vuol dire che non riusciranno a combinare nulla, è solo una presa in giro». Per chiosare su quanto accaduto, Calderoli intona ai cronisti una canzoncina: “Venite a pescare con noi, ci manca il verme…”. Il sospetto è  che  siano ormai tutti Renzi-dipendenti e che le varie opzioni sulla riforma del porcellum verranno azzerate per concordare con la  volontà del sindaco di Firenze che oggi ha detto di voler procedere a testa bassa, dopo aver sentito Alfano  ( ho una mia exit strategy, un canale aperto anche con Berlusconi e Grillo, che la riforma adesso la vogliono davvero»). Ironizza critico Maurizio Gasparri sul trasferimento della riforma a Montecitorio: «Nei giorni scorsi Alfano e il Ncd avevano strepitato contro il passaggio della legge elettorale alla Camera. Cosa che si sta puntualmente verificando, dimostrando in modo palese che il nuovo partitino non conta nulla nella definizione delle priorità. Si è fatto come il nuovo vertice del Pd voleva».

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