«La recessione è finita ma ha fatto i danni di una guerra». Confindustria suona il “De profundis” all’Italia

19 Dic 2013 11:02 - di Redazione

«La profonda recessione, la seconda in 6 anni, è finita. I suoi effetti no», è il messaggio natalizio del centro studi di Confindustria. Che suona il De profundis all’Italia anche per il 2014. «Parlare di ripresa è per molti versi improprio; suona derisorio. Il Paese ha subito un grave arretramento ed è diventato più fragile, anche sul fronte sociale. I danni prodotti sono commisurabili solo con quelli di una guerra», è l’analisi degli industriali italiani, che puntano l’indice anche sull’impatto della Legge di Stabilità sulla crescita, che sarà “molto piccolo”, dello “0,1 o 0,2″ punti sul Pil del 2014. Poi, nel 2015 la manovra avrà “un effetto restrittivo della stessa entità di quello espansivo del 2014”. Anche lo sguardo sul passato fornisce una fotografia impietosa: dall’inizio della crisi (fine 2007) si sono persi 1 milione e 810 mila Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno). L’occupazione è rimasta ferma nella seconda metà del 2013 e ripartirà dal 2014. Ed ecco l’unica luce di ottimismo: «Si arresta così l’emorragia occupazionale per l’anno prossimo». E qui il Centro studi di Confindustria prevede un +0,1%, per il 2015 un +0,5%.

A far da contraltare a questa inversione di tendenza, la certezza che i poveri aumentano a dismisura: «Le persone a cui manca il lavoro, totalmente o parzialmente, sono 7,3 milioni, due volte la cifra di sei anni fa. Anche i poveri sono raddoppiati a 4,8 milioni. Le famiglie hanno tagliato sette settimane di consumi, ossia 5.037 euro in media l’anno», dice il Centro studi, che prevede ”traiettorie economiche ad alta incertezza”, e affianca così alle previsioni sugli scenari economici anche “una simulazione che ingloba una evoluzione meno benigna”, nella quale “la debolezza dell’economia impone una manovra da un punto di Pil per rispettare gli impegni europei”. In questo scenario B, “il credit crunch si protrae nel 2015, l’aumento del commercio mondiale è più contenuto, lo spread non si restringe”; ed “il risultato è che l’Italia si blocca nuovamente”.

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