La nuova sinistra archivia gli anni Settanta. Ma restano in piedi tanti interrogativi senza risposta

10 Dic 2013 12:00 - di Redattore 54

“Sono finiti gli anni Settanta”. S’intitola così il fondo di oggi su La Stampa del direttore Mario Calabresi. Gli anni di piombo Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi, li ha visti concretizzarsi in un lutto lacerante che ha colpito la sua famiglia. Sa di cosa parla, dunque. E perché sono finiti quegli anni? E’ terminata la cultura che, come un lascito irrequieto e sotto traccia, pervadeva ancora la principale forza politica della sinistra. E non è solo merito dell’elezione di Matteo Renzi alla segreteria del Pd. Anche Enrico Letta è un premier che da quel partito proviene, ma nettamente discontinuo rispetto agli anni Settanta. Scrive infatti Calabresi: “Quello che colpisce ora è che nessuno dei due protagonisti del confronto sul governo, sul suo futuro e sulla legge elettorale si sia formato negli anni Settanta, abbia partecipato a quella stagione di dibattito, abbia potuto militare nei movimenti di quel periodo o anche semplicemente votare comunista”.

Ma non è solo una questione anagrafica. “È dentro il mondo della sinistra – continua Calabresi – che è emerso lo sfinimento per una storia che si era avviluppata su se stessa e che non aveva più alcuna spinta propulsiva. Da troppo tempo la sinistra italiana era chiusa in difesa, incapace di connotarsi con proposte innovative presa com’era a definirsi in contrapposizione: contro i cambiamenti nella scuola, nell’università, nella sanità, della Costituzione, del mondo del lavoro, ma soprattutto legando la sua identità all’antiberlusconismo”. È un’analisi onesta e fondata ma, sulla scia del successo di Renzi, dare per rottamata tutta l’eredità degli anni Settanta è previsione assai ottimista. Intanto perché la conflittualità – che negli anni Settanta fu spinta all’estremo – sopravvive ancora tra destra e sinistra nelle forme di una stanca rissa verbale che si riaccende identica a se stessa in ogni campagna elettorale, e bisogna vedere se il nuovo segretario se ne terrà lontano, e poi perché di quell’eredità fanno parte anche atteggiamenti e comportamenti che riguardano da vicino gli avversari della sinistra, in primo luogo la destra.

E rispetto a questo occorre ancora vedere Renzi alla prova: che ne sarà, per esempio, del dogma dell’antifascismo? E basta essere stati “piccoli” quando cadeva il Muro di Berlino per archiviare la tendenza a criminalizzare l’avversario? E il complesso di superiorità in virtù del quale la sinistra ha preteso di incarnare il ruolo di salvatrice della Patria dove andrà a finire? Infine, ci sono ancora tanti interrogativi aperti sugli anni Settanta e riguardano la verità sulle stragi e anche sui tanti omicidi politici che insanguinarono il Paese. Tutto lavato via grazie al rinnovamento anagrafico? Possibile? Renzi dovrà spingersi un po’ più in là della critica ai sindacati se, oltre alla classe dirigente che lo ha preceduto, intende davvero superare gli anni Settanta, la loro pesantezza ideologica e inventare passioni sostitutive rispetto a quelle che pure attraversarono in modo potente e definitivo quegli anni.

 

 

 

 

 

 

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