Bufera sul metodo Stamina. Ora se ne occuperà anche un’indagine del Senato

19 Dic 2013 18:35 - di Valeria Gelsi

Il Senato avvierà un’indagine sul caso Stamina. A occuparsene sarà la commissione Igiene e Sanità che ha ottenuto il via libera del presidente Pietro Grasso. La notizia arriva nel giorno più difficile per i sostenitori del metodo ideato da Davide Vannoni: La Stampa di oggi ha pubblicato stralci dei verbali dei Nas e dal parere del comitato di esperti nominato dal ministero della Salute che non solo contestano la validità scientifica del protocollo, ma ne indicano diversi rischi per la salute. «La popolazione cellulare che si ottiene non è purificata, non è omogenea, non è una popolazione di cellule staminali», è il parere del comitato, per il quale non c’è nulla che dimostri la trasformazione delle cellule del midollo osseo in cellule neuronali con finalità terapeutiche. Dalle indagini riportate dal quotidiano torinese, inoltre, sarebbero emersi rischi di malattie infettive connessi all’assenza di controlli sulle cellule del donatore, fra i quali anche la possibilità di contrarre la Bse, il morbo della mucca pazza. «Siamo al ridicolo», ha replicato Vannoni, sottolineando che il comitato scientifico «non ha fatto alcuna valutazione della quantità di cellule staminali presenti nelle infusioni, avendo solo valutato il metodo sulla carta». «Il protocollo Stamina – ha aggiunto – si basa sull’utilizzo di cellule staminali molto pure, che sono tra l’altro caratterizzate e documentate presso gli Spedali Civili di Brescia. La conferma è contenuta nelle cartelle biologiche di ogni paziente presso la struttura ospedaliera». Cartelle che gli stessi esperti hanno ammesso di non aver potuto visionare perché «ci è stato detto che non era questo il compito del comitato scientifico». «Il nostro compito – ha chiarito Maurizio Scarpa, pediatra all’Università di Bologna e membro del comitato – era analizzare la scientificità e la sicurezza del protocollo cartaceo presentato da Vannoni, identificare i possibili siti di produzione delle linee cellulari e le malattie sulle quali applicare il protocollo stesso. Non abbiamo dunque fatto alcuna analisi chimica del prodotto, né dato valutazioni circa la presenza o meno di cellule staminali in esso». A questo punto, dunque, potrebbe essere l’indagine del Senato a incrociare i dati e dare una risposta più esaustiva. I senatori, infatti, chiederanno di acquisire «tutta la documentazione possibile, compresi gli articoli di giornale di questi giorni». «E chiederemo ufficialmente – ha spiegato Emilia De Biasi, presidente della commissione Igiene e Sanità – di poter acquisire anche il lavoro del comitato che ha bocciato il metodo, perché il vincolo di segretezza, pensiamo, è sul protocollo, non sul lavoro del comitato». «Poiché il Senato ha votato una sperimentazione è giusto che il Senato conosca l’andamento di questa sperimentazione e perché è stata bloccata», ha sottolineato la De Biase, per la quale «l’indagine conoscitiva è lo strumento migliore, consapevoli dei limiti discutibili degli interventi della magistratura che di fronte a un metodo valutato non solo inutile ma anche dannoso continua ad autorizzare le infusioni. Anche questo sarà un punto di riflessione». La senatrice però ha anche manifestato di avere un’idea già ben definita sul metodo: «È doveroso portare a conoscenza dell’opinione pubblica il percorso molto discutibile del caso Stamina, per certi versi anche sconcertante, perché un conto è dare speranza un conto è dare illusioni». E della necessità di «dare una risposta definitiva in tempi brevi ai malati su questa vicenda che, ormai, ha assunto profili giudiziari inquietanti», ha parlato anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ricordando che il ministero non farà appello contro la richiesta del Tar del Lazio di istituire un nuovo comitato. «Il ministero – ha aggiunto – deve dare certezza delle cure che vengono prestate sul territorio nazionale. Da un lato bisogna essere sicuri che non ci siano sprechi di risorse, ma dall’altra parte – ha concluso il ministro – dobbiamo stare vicino ai pazienti, soprattutto quelli più fragili».

 

 

 

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