Uccisa al nono mese di gravidanza, ora lo Stato dovrà risarcire la madre

11 Nov 2013 19:53 - di Giorgia Castelli

Un delitto orribile: uccisa al nono mese di gravidanza e seppellita in una buca con il bimbo che aveva in grembo dall’uomo con cui aveva avuto un relazione. Per l’omicidio di Jennifer Zacconi, 22 anni, di Olmo di Martellago (Venezia), era stato condannato a 30 anni di reclusione Lucio Niero che non aveva mai pagato la provvisionale di 80mila euro alla madre della ragazza perché non li aveva, tanto che era stato ammesso al gratuito patrocinio. Ora, però, c’è una sentenza del giudice di Roma che condanna la presidenza del Consiglio a pagare quella somma per non aver adottato del tutto la direttiva europea del 2004 che conferisce «alle singole vittime di reati intenzionali violenti, alle quali non sia stato possibile conseguire il risarcimento del danno del reo, il diritto a percepire dallo Stato membro di residenza l’indennizzo equo e adeguato». Per il giudice, «la Repubblica Italiana non ha integralmente adempiuto all’obbligo di conformarsi alla direttiva, nella parte in cui impone l’adozione di “sistemi di indennizzo nazionali”», poiché lo Stato «si è limitato a regolare (peraltro tardivamente) la procedura per l’assistenza alle vittime di reato, commesso in un altro Stato membro, le quali risiedano in Italia», ma non è stato dato seguito a quella parte della direttiva, «che imponeva agli Stati membri di provvedere a che la normativa interna prevedesse un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, entro il termine del primo luglio 2005». «Se è infatti vero che sussistono numerose norme interne volte ad assicurare, anche in forma indennitaria, la tutela delle vittime di reati violenti commessi nel territorio dello Stato italiano (ad es., in materia di reati di criminalità organizzata di stampo mafioso o di terrorismo) – annota il giudice – è anche vero che in Italia non esiste alcun sistema di indennizzo per le vittime dei reati legati alla criminalità comune». E quella dello Stato italiano è una “violazione” «grave e manifesta – stigmatizza il giudice – poiché sono rimaste del tutto sfornite di tutela le posizioni dei soggetti residenti, lesi da condotte violente commesse in Italia». Per l’avvocato della famiglia di Jennifer, Claudio Defilippi, la sentenza ha il merito di «imporre allo Stato italiano l’obbligo di tutelare la sicurezza dei propri cittadini».

 

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