L’ultima tentazione di Bondi: opposizione dura e solitaria. Ma il Cav vuole le urne e aspetta Renzi

25 Nov 2013 13:07 - di Mario Landolfi

Tra le tante voci “forziste” che ieri si sono levate in difesa di Berlusconi spicca quella di Sandro Bondi. L’ex-coordinatore non si è infatti limitato a rintuzzare la nota del Quirinale sul tema della grazia al Cavaliere, ma ha finito per tracciare la linea politica della rediviva Forza Italia: collocazione all’opposizione, ritorno alla vocazione maggioritaria, rifiuto di qualsiasi alleanza con gli altri spezzoni del centrodestra, Lega compresa. Una sortita interessante, non tanto nel merito (alla fine decide sempre Berlusconi), quanto per la condizione psicologica che le è sottesa.

L’ipotesi di Bondi disegna un partito in trincea, pronto ad ingaggiar battaglia contro il resto del sistema politico in difesa della propria leadership. Si comincia mercoledì con la manifestazione indetta in concomitanza con il voto del Senato sulla decadenza. Ma tutto lascia prevedere che la tensione sia destinata a crescere d’intensità. Il botta e risposta tra Napolitano e forzisti sui toni e sui contenuti delle parole pronunciate da Berlusconi di fronte ai giovani del suo movimento è in tal senso fin troppo eloquente.

E’ evidente che un contesto politico reso incandescente prima dall’espulsione del Cavaliere dalle istituzioni e poi dalla sua forzata inagibilità politica, spianerebbe la strada all’affermazione della “dottrina” Bondi. Dovesse concretamente realizzarsi, essa rappresenterebbe un vero salto di qualità nella strategia del partito in grado di trasformare in colombe anche il più falco dei falchi perché finirebbe per imporre a Forza Italia una deriva impolitica ed isolazionista. Non è vietato, sia chiaro,  ma fa a pugni con quella vocazione maggioritaria che si pretende di lucidare nel momento in cui si schiaccia il partito su posizioni pretoriane. Sembra dimenticare, Bondi, che Il successo del ’94 fu reso possibile proprio dalla capacità di Berlusconi di parlare ai settori più inquieti e dinamici della nazione e dalla sua determinazione a rompere lo schema ad excludendum della Prima Repubblica attraverso l’allestimento di un’impensabile alleanza con Fini al sud e con Bossi al nord. Tutt’altro che l’isolamento che oggi sembra affascinare l’ex-coordinatore.

Ma Forza Italia dovrà soprattutto guardarsi dal pericolo – annidato nella tentazione di agitare come unica bandiera il calvario giudiziario del suo leader – di ridursi a partito di  mera testimonianza e di rancorosa recriminazione. L’alternativa è l’opposizione dura sui temi dell’economia, terreno fertilissimo, ma fatalmente destinato ad investire l’Europa, i suoi simboli e le sue istituzioni. In questo caso, il rischio è quello di allontanarsi ulteriormente dalla “grande famiglia del popolarissimo europeo” cui il Cavaliere non sembra (ancora) disposto a rinunciare.

Insomma, da qualunque visuale la si inquadri, la strada indicata di Bondi è in realtà un vicolo cieco. E c’è da giurare che in nessun caso Berlusconi la prenderà in considerazione, anche se mai ne prenderà esplicitamente le distanze, soprattutto se gli sembrerà funzionale all’obiettivo di tenere alta la tensione. Il Cavaliere punta alle elezioni immediate pur sapendo di non poterle determinare. Ha perciò bisogno di incalzare Alfano, costringerlo a non concedere nulla a Letta e nel contempo giocare contro quest’ultimo in tacita intesa con Renzi, anch’egli smanioso di tornare alle urne. Riuscirà? Difficile. Ma se dovesse farcela, il Cavaliere non sprecherebbe neanche un minuto nella riorganizzazione del centrodestra in tutte le sue componenti e imbarcherebbe tutti – falchi, colombe, pitonesse, pecore, scimmiette e gattopardi – nella sua personalissima arca di Noè. Altro che vocazione maggioritaria e isolamento!

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