La moda delle star “maleducate” sul palco: da Justin Bieber l’ultimo esempio che ha offeso l’Argentina

13 Nov 2013 19:00 - di Priscilla Del Ninno

Sembravano lontani i tempi in cui Paul Stanley dei Kiss spaccava la chitarra a fine concerto. Così come credevamo che con l’esibizione in chiusura del festival di Woodstock del 1969, quando Jimi Hendrix arrivò a suonare l’inno nazionale statunitense in modo provocatoriamente distorto, si fosse in qualche modo chiusa l’epoca dell’irriverenza ostentata sul palco. Ci sbagliavamo: è notizia di queste ore che il cantante canadese Justin Bieber, l’ultima popstar in erba – divo acerbo d’età quanto è datata la maschera che ha scelto di indossare in pubblico – nel corso di una delle tappe del suo tour in America latina, esattamente in Argentina, avrebbe scimmiottato vecchie glorie del rock spazzando via con l’asta del microfono una bandiera nazionale lanciata sul palcoscenico da un fan. Episodio gravemente offensivo, ripreso in un video e rilanciato immediatamente sulla ribalta internazionale dai media. Quegli stessi media che hanno favorito e accreditato il successo anche di quest’ultimo idolo delle teenager di tutto il mondo, classe 1994; che ha debuttato su Youtube, trampolino di lancio da cui ha spiccato il volo verso una carriera che, a successi discografici ha alternato clamore scandalistico, alla notorietà musicale una meno degna di nota antologia di bravate.

Come a dire che, i tentativi di far passare per visionarietà artistica o divismo eclettico un semplice atto di dissacrante volgarità, è una febbre che non passa, neanche col passare dei decenni e con l’alternarsi delle mode. Un dogma non scritto a cui anche gli ultimi proseliti del culto dell’irriverenza spettacolare sembrano credere, aderendo di fatto a un decalogo coreografico che non può prescindere da arroganza e sfrontatezza. Un comportamento sanzionato alla prima occasione di commento pubblico dal vicepresidente argentino Amado Boudou, che ha subito criticato duramente, senza nominarlo direttamente, il cantante canadese, dichiarando in un discorso pubblico come la recente tournée del divo nel paese sudamericano sia il segno di una «tragedia culturale», e sostenendo la necessità di rilanciare l’industria nazionale, «convinti che bisogna destinare fondi per la cultura argentina, o altrimenti succederà ancora quanto accaduto l’altra sera». Un fenomeno decisamente americano, quello della “star maledetta” scimmiottata anche da Bieber sul palco argentino, che in delirio di onnipotenza e in preda all’adrenalina, non può far altro che scaricare rabbia artistica e tensione esibizionistica su una bandiera da scalciare, contro un inno da storpiare: tutti simboli di valori nobili da calpestare sulla scena, in nome del rock, o del pop, o dello star-system. E pensare che da noi, quando Jimi Hendrix dava alle fiamme la sua chitarra al termine di un concerto londinese letteralmente “infuocato”, per accreditare le proposte cantautoriali di destra in alternativa all’egemonia culturale della scuola di autori e compositori di sinistra, si duellava sui palcoscenici di piccoli teatri a colpi di poesia e melodia, senza mai spingere sul pedale della ricerca dello scandalo a tutti i costi. Ma questa è un’altra storia, il dietro le quinte di un altro mondo culturale…

 

 

 

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