Il Pdl a due giorni dal Consiglio nazionale. Tregua “armata” dopo il vertice notturno Alfano-Berlusconi

14 Nov 2013 10:12 - di Romana Fabiani

Il dado non è ancora tratto e tutto può ancora succedere. Le tre ore di ennesimo faccia a faccia notturno tra Berlusconi e Alfano a due giorni dal consiglio nazionale non hanno scritto la parola fine alle turbolenti vicende del Pdl. Il vicepremier, reduce da un incontro con una cinquantina di fedelissimi,  si è presentato dal Cavaliere con tre proposte “distensive” che però non rinunciano a separare nettamente le sorti di Berlusconi dal destino del governo Letta. Sarebbero tre le condizioni per evitare lo spettro della scissisone:  fedeltà al leader e agibilità politica per tutti; fiducia al governo; battaglia sulla decadenza, ma senza strappi. E, last but not least, un Consiglio nazionale da vivere senza scissioni. «Deve essere una festa», aveva detto Alfano sperando di evitare la conta che invece vogliono i cosiddetti “falchi” convinti di avere i numeri. Ma Berlusconi smania per avere intorno a sé un partito che lo difenda come un sol uomo contro la decandeza e sia disposto a lasciare il tavolo delle larghe intese. Nell’incontro a tratti teso l’ex premier avrebbe sottoposto ad Alfano una tregua, ribattezzata dalla stampa “mozione-Capezzone”, decisa durante il tribolato pranzo a Palazzo Grazioli con i lealisti. Berlusconi davanti agli oltre ottocento componenti del Consiglio nazionale si limiterebbe ad annunciare il passaggio a Forza Italia 2.0 e a rivendicare le origini del ’94, un “volo alto” che lasci fuori dalla porta per il momento i nodi della decadenza e del governo. Una mediazione che non convince il vicepremier che teme, come avrebbe detto, un “trappolone” del capo: fino all’ultimo ministri e filo-governativi, infatti, hanno sperato di guadagnare tempo e chiesto al Cavaliere uno slittamento del Consiglio nazionale per evitare che si trasformi in un’arena. Rinviare il redde rationem di sabato – ragionano gli alfaniani – è fondamentale per evitare l’azzeramento delle cariche e di finire nelle mani di Verdini e Santanchè. Altrimenti minacciano la diserzione, soprattutto se il Cavaliere non garantirà la prospettiva di una doppia guida a capo della nuova Forza Italia che rappresenti le due anime del partito. Ma l’ipotesi  di rinvio, che il Cavaliere non ha minimamente preso in considerazione, è subito stata stoppata dal Pd: il calendario previsto non si tocca. E questa mattina si ricomincia con vertici, appelli incrociati e possibili mediazioni.

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