«Era di destra e anticomunista». E il governo francese non omaggia de Villiers…

4 Nov 2013 20:12 - di Gabriele Farro

«Fare delle scelte significa dare significato alle cose»: la ministra francese della Cultura, Aurelie Filippetti, risponde così a chi la critica per non aver pubblicato un comunicato ufficiale in omaggio a Gerard de Villiers, giornalista di destra e romanziere mondialmente riconosciuto per la sua celebre serie di spionaggio “SAS”, morto lo scorso 31 ottobre all’età di 83 anni, che ha venduto oltre cento milioni di copie, appassionando i lettori di tutto il mondo. Sollecitato dall’agenzia France Presse lo scorso primo novembre, all’indomani della scomparsa di de Villiers – dichiaratamente anticomunista – il ministero della Cultura non ha voluto rilasciare neanche un commento. Contattato da Le Lab, il gabinetto della Filippetti ha spiegato che, in questo genere di situazioni, l’omaggio ufficiale del ministero della Cultura «non è sistematico». Un atteggiamento che ha fatto infuriare, tra l’altro, la vedova dello stesso de Villiers e il suo avvocato, che hanno denunciato con forza il silenzio della Filippetti. La ministra socialista di origini italiane  ha anche pubblicato un tweet sul suo profilo: «Fare delle scelte, significa dare significato alle cose». Poche laconiche parole, che secondo quanto appreso da Le Lab di Europe 1, costituiscono una risposta diretta a chi criticava l’assenza di un comunicato per de Villiers. Passato per il settimanale di destra Rivarol, poi a France Dimanche, colui che si dichiarava amico dell’ex leader del Fronte Nazionale, Jean-Marie Le Pen – ricorda Le Monde – è rimasto «fino all’ultimo un convinto anticomunista, liberale, e reazionario». La sinistra l’ha sempre accusato demagogicamente di antifemminismo e xenofobia, cosa che però non gli ha impedito – con i duecento volumi di “SAS“ – di affermarsi come uno degli autori più letti di Francia, apprezzato ai quattro angoli del pianeta. Un successo dovuto anche alla sua fitta rete di rapporti nei posti che contano, che gli hanno sempre permesso di raccogliere preziose informazioni per i suoi lavori. Tanto che lo scorso febbraio, al termine di un soggiorno di dieci giorni in Afghanistan per lavorare al 198/o e al 199/o episodio di “SAS”, il New York Times lo consacrò come «l’autore di romanzi di spionaggio che sapeva troppo».

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