Con amicizia e affetto, lascio la direzione del Secolo d’Italia

20 Nov 2013 16:21 - di Marcello De Angelis

Quando, più di due anni fa, ho accettato la direzione politica del più prestigioso quotidiano della destra italiana, ero perfettamente consapevole che la scelta non fosse ricaduta sulla mia persona esclusivamente per le mie doti giornalistiche. L’uscita di Fini e di un nutrito gruppo di parlamentari dal Pdl e la fondazione di un nuovo soggetto politico era stato un piccolo cataclisma per la comunità umana e politica che poteva riconoscersi nel Secolo d’Italia, già in crisi economica e di ruolo da alcuni anni. Sul mio nome si realizzò una convergenza quasi unanime perché tutti ritenevano che avrei tentato di garantire tutte le dignità e non avrei permesso che il giornale fosse usato come un clava contro qualcuno o come uno strumento fazioso. Credo di averlo fatto. Era anche mia intenzione fare l’impossibile per tenere la testata in vita e salvaguardare il più possibile l’occupazione, cosa che purtroppo mi è riuscita meno. Con la mia direzione tutti i precedenti redattori hanno mantenuto il loro posto e anche la loro libertà di espressione, malgrado le diverse simpatie e osservanze. Come è però a tutti noto, il nostro mondo non ha avuto vita tranquilla e serena e le divergenze di percorso, i mutamenti di prospettiva si sono moltiplicati e hanno reso sempre più plurale e diversificato l’insieme di persone che il Secolo avrebbe dovuto rappresentare e a cui avrebbe dovuto dare voce. Il che ha reso per me impossibile dare una linea coerente al giornale. Ho il dovere di riconoscere che a me è stata data assoluta libertà di esprimermi, tanto che il Secolo ha avuto nella stagione del governo Monti una posizione inconciliabile con quella della rappresentanza parlamentare e cioè di totale e argomentata opposizione. Posizione che in sede parlamentare non ha trovato la stessa tolleranza, tanto da valermi l’esclusione dalle liste. Anche oggi le mie posizioni non sono in sintonia con quelle della maggioranza dei soggetti politici di cui il Secolo dovrebbe essere l’organo di stampa. Credo sia professionalmente giusto e coerente che quindi sia qualcun altro a occuparsene. Non lascio in polemica o in scontro con nessuno, ma anzi con invariati sentimenti di amicizia e stima per tutte le persone con cui ho collaborato professionalmente e politicamente in questi anni. Un grazie particolare – e in verità molto di più – vanno al “mio” vicedirettore Jimmy Fragalà e al “mio” caporedattore Francesco Signoretta, che sono diventati per me non già colleghi ma amici fraterni. Senza di loro, che si sono fatti carico di responsabilità e impegni enormemente al di là dei loro doveri, io non sarei stato in grado di tenere la barca a galla in questo oceano di difficoltà. Stima e affetto anche a tutti quelli che restano al Secolo, di cui spero di aver guadagnato rispetto professionale e soprattutto – perché conta di più – umano.

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