Una democrazia che vive sul reato d’opinione, è ancora democrazia?

18 Ott 2013 15:57 - di Marcello De Angelis

Quando si dice democrazia non tutti pensano alla stessa cosa e nemmeno quando si dice “reato d’opinione”. La diffamazione a mezzo stampa, ad esempio, è un reato d’opinione alla stregua dell’affermazione di principi o idee politiche avverse al regime vigente, ma non è equiparabile. Il reato di diffamazione a mezzo stampa, per una decisione dei giorni scorsi e con grande giubilo bi-partisan, non comporterà più una pena detentiva. In poche parole, se chi ha il potere della carta stampata distruggerà la vita, la dignità e la fama pubblica di un cittadino non pagherà il suo crimine con il carcere. Bene. Il tutto però è abbastanza preoccupante quando in contemporanea si assiste ad una velocissima e preoccupante accelerazione sulla creazione di nuovi reati d’opinione veri e propri, con la previsione di pene detentive anche elevate. In Italia reati di opinione ne esistono già. Se un vecchietto dice banalità quali “quando c’era lui i treni arrivavano in orario” commette teoricamente un reato. Se si offende la religione o l’appartenenza etnica di un’altra persona anche. Con la legge sull’omofobia sarà passibile di arresto anche chi criticherà l’orientamento sessuale altrui o dirà che un matrimonio omosessuale è contro natura e se va in porto la discussione avviata in questi giorni in Parlamento, chiunque sollevi dubbi di principio o di sostanza sull’avvenuto sterminio da parte dei tedeschi nei confronti degli israeliti europei durante il secondo conflitto mondiale. Si tratta ovviamente di “opinioni” di gravità non comparabile, ma il punto è: quanto è legittimo in una democrazia mettere qualcuno in carcere, sequestrargli i beni e bandirlo dalla società semplicemente perché esprime un’opinione? Ma ancor più legittimamente fa discutere a mancanza di equilibrio dell’applicazione di tutte queste leggi, che puniscono solo “alcune” opinioni. Se chiami una persona “sporco straniero” è reato, ma se uno straniero ti chiama “sporco italiano”? In teoria è un reato affermare la superiorità di qualunque religione, popolo, razza o nazione sulle altre, ma la regola vale per tutti? Perché è reato parlare bene del regime fascista ma non è reato inneggiare alla dittatura comunista? Perché è un “simbolo d’odio” passibile di sequestro e denuncia la croce celtica ma non la stella delle Br? Con l’eventuale legge sul negazionismo sarà passibile di arresto anche chi nega altri stermini, come ad esempio quello degli italiani da parte dei comunisti in Istria e Dalmazia? Mettere in carcere una persona perché esprime un’opinione, anche folle o stupida, è già abbastanza agghiacciante, ma arrestare solo chi esprime “certe” opinioni lasciando invece piene libertà a chi ne esprime altre almeno altrettanto scandalose non è un fatto gravissimo? L’Italia vuole veramente continuare su questa strada?

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