Se un gay si uccide nella Roma di Marino non volano avvoltoi sul sindaco. Quando c’era Alemanno invece…

28 Ott 2013 19:54 - di Antonella Ambrosioni

Le parole più equilibrate in tema di omofobia ce le lascia in eredità proprio il giovane 21enne che prima del suo tragico volo ha lasciato scritto in un biglietto che «l’Italia è un Paese libero ma esiste l’omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza». La parola “coscienza” dovrebbe  risuonare come un monito in chi ne ha fatto un cattivo uso. Quasi sempre i molti casi di suicidi – e di tentativi di suicidio denunciati – di ragazzi gay giovanissimi sono stati “aggettivati”, etichettati in modo da delinearne chiare matrici politiche relative al contesto sociale, quando invece è l’ignoranza, la follia, la cattiva coscienza delle persone che può costruire un humus di ostilità irrazionale. Ripetere, come si è fatto in questi anni, per onor di polemica politica, che la Roma “di Alemanno” era la spiegazione di tutto non ha risolto il problema culturale dell’omofobia, né in Italia né nella capitale, come dimostra l’ultimo caso di suicidio di un ragazzo avvenuto nella zona dell’ex pastificio della Pantanella. Oggi che in Campidoglio siede Ignazio Marino siamo qui a piangere un’altra vittima. L’equazione: giunta di destra uguale omofobia, non era valida, con buona pace di tutti quelli che in questi anni non hanno esitato a gettarsi in un derby politico su un tema che politico non è. «Ecco la Roma accogliente di Alemanno», titolavano molti siti on line di sinistra (basta fare una ricerca su internet) a commento di un altro caso tristissimo, il suicidio, a novembre di un anno fa, di un altro ragazzino di 15 anni uccisosi a Roma a causa delle derisioni di cui era oggetto per la propria omosessualità. Subito il leader di Sel, Nichi Vendola, la buttò in politica: «Piangiamo una vittima dell’omofobia ma anche della vigliaccheria di una politica incapace di rispettare le diversità». Tre mesi dopo sempre Vendola stigmatizzava l’“ariaccia” romana: «Se a Roma di sera mi viene voglia di fare due passi da solo, rinuncio», disse in un’intervista, aggiungendo che a Roma «negli anni di Alemanno ho visto lo sdoganamento dei piccoli gruppi dediti all’igiene del mondo». Dimenticava che il sindaco era la stessa persona che aveva dato l’ok all’Euro gay-pride del 2011 affermando in un video (disponibile in rete) che «i partecipanti devono sentirsi a casa loro, accolti e rispettati da tutti». Dobbiamo intenderci di fronte a questo ennesimo episodio: se Roma era omofoba prima con Alemanno, ora è ugualmente omofoba con Marino? Oggi a buona diritto l’ex sindaco potrebbe dire: «Io di sera ho paura ad uscire»? Domande semplicistiche, forse, ma lecite se pensiamo alle idiozie espresse in passato. David Sassoli, per esempio, candidato alle primarie del centrosinistra per il sindaco di Roma, seguì a ruota Vendola, twittando «Restituire diritti e sicurezza a Roma umiliata dalla destra. Ha ragione Vendola». Che dire?

Questa estate una nuova tragedia, siamo in era “mariniana”. «Sono omosessuale, nessuno capisce il mio dramma e non so come farlo accettare alla mia famiglia», aveva scritto in due messaggi un quattordicenne che si è suicidato gettandosi dal terrazzo condominiale, in zona Torraccia a Roma. Qualche mese prima, a maggio, uno studente di 16 anni, di origini romene, si era gettato durante la ricreazione da una finestra del terzo piano dell’istituto tecnico in zona Marconi, finendo su una microcar, che ha parzialmente attutito la caduta. Del resto il tentativo di “spiegare” il problema dell’omofobia con la presenza di Alemanno in Capidoglio risale all’aprile 2008, quando Paola Concia disse che «la destra italiana è la forza più omofoba e violenta d’Europa, per questo dobbiamo evitare che Roma venga governata da Alemanno», disse in un’intervista a Gay. it. Ora Marino di fronte al dramma di oggi deve ammettere: «L’omofobia? A Roma non più grave che nel resto del Paese». Il sindaco intervenuto su Radio24, rispondendo alla domanda se Roma abbia un problema specifico di omofobia, ha risposto: «Un problema che può apparire piccolo, anche se tale non è, in una cittadina di 15mila abitanti, in una metropoli di quattro milioni diventa ancora più grande. Io non credo che ci siano diversità in termini di gravità». Retromarcia? E ora che farà? Intanto si è chiarito, forse, che l’omofobia è un tema serio e non  declinabile per propaganda elettorale locale. Un tema sul quale da tempo esiste una legge bipartisan sulla quale non si viene a capo e sul quale la maggior parte del centrodestra è più che disponibile. Sarà il tempo di procedere in fretta?

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