Nigeria, non ce l’ha fatta la missionaria italiana colpita a colpi di machete

11 Ott 2013 19:42 - di Antonio Pannullo

Massacrata a colpi di machete alla testa è morta dopo dodici giorni di agonia. Afra Martinelli, 78 anni, missionaria laica, originaria della provincia di Brescia, non ha retto alle gravi ferite riportate due settimane fa nel corso di una rapina nella sua abitazione a Oguashi-Ukwu, a circa 400 chilometri dall’ex capitale Lagos in Nigeria e si è spenta due giorni fa. L’ambasciata d’Italia ad Abuja e il consolato di Lagos stanno seguendo la vicenda e sono in contatto con la famiglia della missionaria, ha fatto sapere la Farnesina. La donna era stata aggredita la notte del 26 settembre. I collaboratori del Centro Regina mundi, fondato dalla religiosa, l’hanno trovata la mattina seguente nella sua abitazione riversa in una pozza di sangue e con una ferita alla nuca. La donna era ancora viva, ma le sue condizioni erano apparse da subito gravissime. «Volevano attribuirle la cittadinanza onoraria ma lei era contraria, diceva di non aver fatto nulla», ricorda Enrico Martinelli – secondo quanto riferisce la Misna – sulla sorella uccisa. «Da quando era stata chiamata nel Paese africano dal vescovo di Ibadan, Afra continuava a ottenere riconoscimenti». Negli anni il suo centro si è ampliato, fino a diventare un punto di riferimento essenziale per i giovani e gli studenti del posto che avevano bisogno di internet. Negli ultimi tempi erano anche aumentati i collaboratori, diciotto. «Difficile stabilire se sia stata la maggiore visibilità del centro ad attirare i rapinatori», prosegue il fratello della vittima. Di certo la notte del 26 settembre un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella casa di Afra. «L’hanno colpita, sottratto le chiavi del centro e hanno portato via computer e soldi». Enrico Martinelli ricorda che la sorella aveva già subito un tentativo di rapina quando un giovane l’aveva avvicinata in strada e le aveva intimato di darle le chiavi della macchina. Lei si era difesa e il ragazzo si era allontanato. «Non aveva paura – prosegue Enrico – ma solo tanta voglia di condividere; con i cristiani, che nel Delta del Niger sono maggioranza, con gli animisti e i fedeli di altre religioni tradizionali».

La Nigeria non è nuova ad episodi di violenza interreligiosa, che però si mescolano con violenze tribali ed etniche, rivendicazioni sociali e pure e semplici rapine. A essere particolarmente colpite sono soprattutto le regioni del nord-est, dove da anni detta legge il gruppo fondamentalista islamico dei Boko Haram, che contesta l’educazione occidentale e vuole imporre la Shaaria (legge islamica). Nelle aree centrali del Paese – regioni che dividono il nord a maggioranza musulmano dal sud cristiano e animista – sono più frequenti episodi di microcriminalità o conflitti interetnici provocati da rivalità legate al controllo della terra e del bestiame. Il sud del Paese è invece stato spesso teatro di attacchi, condotti da gruppi armati, come ad esempio il Mend (il Movement for the Emancipation of the Niger Delta), contro multinazionali del petrolio. In queste aree sono poco diffuse sia le violenze interconfessionali sia le attività terroristiche degli jihadisti.

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