Il Pdl: «Daremo battaglia in Parlamento». E sul voto palese possibile “coda” in aula

30 Ott 2013 19:38 - di Guglielmo Federici

Prima l’incontro di Berlusconi con i capigruppo Schifani e Brunetta. Poi le parole dure dello stesso Schifani: «Scritta una pagina buia della storia parlamentare». Poi la reazione del Pdl, che non cede e – per bocca di Angelino Alfano – annuncia che darà battaglia in aula: «La decisione di Scelta civica e Pd di sostenere il voto palese col M5S è la violazione del principio di civiltà che regola, da decenni, il voto sulle singole persone e i loro diritti soggettivi. E ora, innanzitutto in sede parlamentare, lì dove si è consumato il sopruso, sarà battaglia per ripristinare il diritto alla democrazia», sostiene il vicepremier e segretario del Pdl.

Intanto c’è discussione in punta di regolamento su quanto accaduto. Il dispositivo votato oggi dalla Giunta per il Regolamento del Senato che consente di votare a scrutinio palese la decadenza di Berlusconi in realtà non mette completamente al riparo dal “rischio” di un possibile ricorso al voto segreto. Ed è molto probabile che si dovrà interpellare di nuovo la stessa Giunta a riguardo. Il discorso è complesso e riguarda sostanzialmente due articoli del regolamento: il 135 ter e il 113 (3-4-5 comma). Anorma del regolamento, la proposta che arriva in aula da parte della Giunta, che in questo caso propone la decadenza del Cav  in applicazione della legge Severino, dopo essere stata illustrata ai senatori, viene fatta propria dall’Assemblea se non c’è nessuno che vi si opponga. Se tutti sono d’accordo e non sollevano obiezioni attraverso la presentazione di ordini del giorno, la proposta si considera approvata. Senza bisogno di alcun voto. Se invece qualcuno vi si oppone, lo deve fare attraverso un ordine del giorno che deve essere messo ai voti. E qui entrano in ballo i due articoli già citati: il 135-ter e il 113. Il dispositivo della Giunta per il regolamento di oggi, così come è stato scritto, introduce due grandi novità. Dice cioè che tutti i casi di pronunce di decadenza per incandidabilità sopravvenuta, dovranno essere votati da ora in poi a scrutinio palese. E sottolinea come tali casi non possano più essere considerati voti sulla persona (in questo caso lo scrutinio dovrebbe essere segreto), ma voti a tutela della composizione dell’organo parlamentare. Per i quali lo scrutinio deve essere palese. Tale pronuncia fa cadere la previsione della norma (il 135 ter) secondo la quale un gruppo di almeno 20 senatori può chiedere un voto segreto in difformità da quanto deciso dalla Giunta per le immunità. Ma qui entra in ballo l’altro articolo del regolamento, il 113 (3 comma), che consente, sempre ad un gruppo di almeno 20 senatori di chiedere il voto segreto per un altro motivo: cioè la corretta applicazione degli articoli della Costituzione che vanno dal 13 al 32 (ad eccezione del 23). Nel caso Berlusconi, ad esempio, nonostante la pronuncia di oggi della Giunta, un gruppo di 20 senatori del Pdl potrebbe sempre presentare un ordine del giorno per chiedere il voto segreto, visto che a loro avviso con la legge Severino si metterebbe in discussione l’ articolo 25 della Carta, quello che riguarda l’irretroattività della norma. Ma i pidiellini dovrebbero motivare bene le loro ragioni perché il regolamento a questo punto consente solo al presidente di decidere il da farsi, alla luce ovviamente di quanto deciso oggi dalla Giunta per il Regolamento. E lui potrebbe tornare a consultare la stessa Giunta. Ma, come si è visto oggi, nella Giunta per il Regolamento la maggioranza ormai è schierata a favore del voto palese (7 sì contro 6 no). Pertanto ci si potrebbe rifiutare di mettere ai voti l’ordine del giorno in cui si chiede il voto segreto.

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