Il Cav di nuovo sotto accusa. Il centrodestra: «È accerchiamento giudiziario»

23 Ott 2013 19:45 - di Redazione

Un provvedimento«assurdo», che indica tutta l’urgenza di «riformare la giustizia». Così il Pdl reagisce al rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi nell’ambito dell’inchiesta napoletana sulla presunta compravendita di senatori per portare alla caduta del governo Prodi del febbraio 2007. Il processo, in cui il reato contestato è di corruzione, comincerà l’11 febbraio.  Con il Cavaliere, il gup Amelia Primavera ha rinviato a giudizio anche Valter Lavitola, accusato di aver fatto da tramite con il senatore Sergio Di Gregorio, al quale invece è stata concessa la pena patteggiata dai suoi difensori: una condanna di un anno e otto mesi, che però è stata sospesa. Proprio la testimonianza resa da De Gregorio, che di fronte ai pm Alessandro Milita e Henry John Woodcock aveva parlato di «patto scellerato», è stata determinante per il rinvio dell’ex premier. L’ex senatore ha avallato la tesi dell’accusa secondo cui avrebbe accettato dei soldi, quantificati in tre milioni di euro, per passare al centrodestra dall’Idv e far cadere il governo di centrosinistra.

Le ricostruzioni stabiliscono un nesso diretto tra il cambio di casacca di De Gregorio e la caduta del Professore, anche se tra l’uno e l’altro vi sono un anno e mezzo di distanza e una serie di circostanze che, se non altro, dovrebbero suggerire maggiore cautela nell’indicare un rapporto di causa-effetto così stringente. Il primo motivo scatenante l’avvicinamento di De Gregorio all’area di centrodestra fu, infatti, la sua volontà di diventare presidente della commissione Difesa del Senato, a cui il centrosinistra voleva designare la senatrice pacifista Lidia Menapace. De Gregorio non fu disposto a ritirare la sua candidatura e a giungo del 2006 fu eletto con i voti dello schieramento allora avversario. La federazione a Forza Italia del suo Movimento italiani nel mondo avvenne nel settembre del 2007, dopo un anno che era uscito dall’Idv per le aspre polemiche sull’indulto. Il voto contro il governo Prodi arrivò, poi, dopo altri quattro mesi e in circostanze difficili da immaginare un anno e mezzo prima. A ricordarle oggi è stato Daniele Capezzone: «Per un verso – ha sottolineato il presidente della commissione Finanze della Camera – scelte dissennate in materia economica e fiscale, che determinarono una clamorosa impopolarità di quell’esecutivo, e per altro verso, l’attacco giudiziario alla famiglia dell’allora ministro Mastella». Circostanza, quest’ultima, che fu il vero acceleratore della crisi. Quanto ai soldi che De Gregorio avrebbe ricevuto, Lavitola ha detto che, sì, gliene consegnò, ma che erano una «partita di giro per l’Avanti», giornale di cui entrambi erano soci e di cui De Gregorio era stato direttore dal lontano 1996 fino al 2006, anno dell’entrata nell’Idv e dell’elezione in Parlamento.

Il Pdl ha fatto quadrato intorno al leader sottolineando sia quelle che giudica incongruenze dell’accusa sia quello che considera il consueto doppiopesismo di certa magistratura. «Siamo tutti testimoni del modo con cui si determinò, alla luce del sole, la fine del governo Prodi e sarebbe davvero assurdo pretendere di riscrivere quella cronaca in un’aula giudiziaria», ha detto Maurizio Sacconi. Il senatore Vincenzo D’Anna poi ha ricordato che «il voto del senatore De Gregorio, richiama alla mente analoghi fenomeni di transumanza parlamentare completamente trascurati dalla magistratura italiana: il caso del governo Dini, che beneficiò del passaggio di molti parlamentari e dell’intero gruppo della Lega Nord, e quello del governo D’Alema, che acquisì i voti dei parlamentari facenti capo a Rocco Buttiglione». «Milano chiama, Napoli risponde. L’accerchiamento giudiziario sul presidente Berlusconi continua, senza esclusione di colpi», sono state le parole del presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani, mentre per Mara Carfagna non c’è «nulla di nuovo sul fronte napoletano». «La strategia di certa magistratura è chiara, così come i suoi fini. La riforma della giustizia – ha sottolineato la portavoce del gruppo Pdl alla Camera – è ineludibile». Il timore – ha detto a sua volta Maurizio Gasparri – «è legittimo. Sembra che alcuni giudici abbiano intenzione di riscrivere la storia politica italiana a modo loro. Sappiamo tutti, a destra come a sinistra, le ragioni politiche che furono dietro la caduta del governo Prodi. Ma la verità e la giustizia dove sono? Intanto assistiamo solo all’ennesimo episodio di accanimento giudiziario contro Berlusconi».

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