Il caso dei due marò: l’India perde ancora tempo e l’Italia resta in silenzio

7 Ott 2013 19:52 - di Valerio Pugi

L’India sta svolgendo al suo interno «consultazioni per vedere cosa si può fare, e come, per far avanzare il processo giudiziario», attualmente in fase di stallo, riguardante la vicenda dei nostri due marò, trattenuti da oltre un anno e mezzo in India perché accusati di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Lo hanno riferito fonti governative a New Delhi, secondo cui «la soluzione sarà pienamente all’interno del processo legale e mai al di fuori di esso. Dobbiamo tenere a mente una cosa – hanno proseguito le fonti indiane – ed è che il caso è sub-judice, per cui il suo esito dipenderà da quello che i giudici decideranno». Affermazione scontata, dato che le autorità indiane già lo hanno detto più volte. Fatto sta che il nostro governo tace e non sembra in grado di trovare una soluzione. Nelle scorse settimane «quello che è stato esaminato come parte della discussione riguardante gli aspetti giudiziari fra le autorità indiane e quelle italiane ha riguardato come superare alcuni ostacoli sulla strada del processo giudiziario, e non una sorta di soluzione extra-giudiziale o esterna al tribunale». In questa linea «la discussione si è incentrata su come far avanzare il processo giudiziario, visto che vi erano diverse interpretazioni per questo di parte indiana ed italiana. Ci sono state discussioni ed a seguito di esse, ed avendo noi compreso il punto di vista italiano, le autorità indiane hanno avviato una fase di consultazioni interne. La soluzione – hanno ribadito infine le fonti – sarà pienamente all’interno del processo legale e mai al di fuori di esso». Il nodo principale, non esplicitamente evocato, riguarda la volontà della polizia investigativa Nia di interrogare a New Delhi, prima di chiudere le indagini, gli altri quattro fucilieri di Marina che il 15 febbraio 2012 formavano il team di sicurezza sulla petroliera “Enrica Lexie” insieme a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. L’Italia, anche per bocca dell’inviato del governo Staffan de Mistura, ha escluso categoricamente l’invio dei quattro in India, offrendo in alternativa la realizzazione di una missione della Nia a Roma, una videoconferenza, o risposte dei militari a domande scritte in rogatoria. La frase «avendo noi compreso il punto di vista italiano» lascia forse intendere che le autorità indiane cerchino un’altra strada per rimuovere l’ostacolo rappresentato dall’interrogatorio dei quattro fucilieri, ma ad oggi da parte italiana resta solo l’infelice post del ministro Emma Bonino pubblicato sulla sua pagina Facebook in cui viene definito «legittimo il processo ai due marò», dimenticando che Latorre e Girone da oltre un anno e mezzo sono trattenuti in India e che i fatti a loro contestati sono avvenuti in acque internazionali e dunque senza alcun diritto di giurisdizione da parte di Nuova Delhi.

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