Aldo Grasso stronca il programma di Concita, “madame Bovary del progressismo finto-sexy”

5 Ott 2013 11:57 - di Renato Berio

Un potente siluro si è abbattuto su Concita De Gregorio, la conduttrice dello spazio dedicato ai libri di Raitre (“Pane quotidiano”, in onda tutti i giorni da lunedì al venerdì alle 12,45 e in replica alle 20,15) ereditato da Corrado Augias. E stavolta non è Il Giornale ad accusarla di invitare nel suo salotto letterario solo i suoi amici di Repubblica. Stavolta l’autorevole stroncatura proviene dal critico televisivo del Corriere, Aldo Grasso. Concita – ha scritto Grasso – “è la perfetta incarnazione della professoressa democratica, regina dolente del ceto medio riflessivo e della correttezza politica, Madame Bovary del progressismo finto-sexy”.

Il motivo conduttore del programma è di ribaltare l’idea che la cultura “non si mangia”. Gli amanti dei libri non hanno bisogno di prediche in proposito ma il programma è troppo ambizioso per tenerne conto. Ovvia l’accusa che nel salotto letterario dell’ex direttrice dell’Unità siedano solo autori della solita compagnia di giro. Tutto abbastanza prevedibile e scontato, ma c’è un altro appunto che Grasso fa alla conduttrice di Pane quotidiano e non è di poco conto: la cultura deve “nutrire”? E chi l’ha detto? Se la cultura fosse così attraente anche per la sua inutilità, per il suo essere trastullo, quasi un oggetto ludico? Un dibattito da approfondire. Non esistono doveri e diritti nel campo sterminato della cultura, ma solo scelte, affinità elettive, attrazione per la bellezza, sottomissione al dubbio e alla conoscenza. Un discorso da approfondire.

E c’è anche un altro elemento: il format appare come un derivato del più celebre salotto di Fabio Fazio. Altro conduttore sul quale Grasso ha espresso giudizi destinati a durare: “Fazio ha ormai il ritmo di un officiante: non fa più televisione, dice messa, sia pur laica, con venature beat”. E poi c’è Concita, a spezzare il pane. Una liturgia progressista che alla lunga trasmette non tanto robuste dosi di sapere, ma di noia.

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