Tutti pazzi per Renzi, ma il fronte anti-Matteo si aggrappa a Cuperlo

3 Set 2013 12:39 - di Gloria Sabatini

Da risorsa “preziosa” a “talento”, definizione di Dario Franceschini nella benedizione pubblica a Matteo Renzi celebrata sotto i riflettori della festa nazionale del Pd di Genova. Il sindaco di Firenze, il ragazzino dispettoso refrattario alle gerarchie di palazzo del Nazareno, è diventato il dominus del partito spiazzando bersaniani e dalemiani. Tutti pazzi per Renzi, un fenomeno, destinato a trasformare il congresso di autuno (sempre che Epifani si decida a celebrarlo) in un plebiscito sulla sua persona. Dopo l’arruolamento del ministro per i rapporti con il Parlamento e della sua Areadem (che campeggia sulle prime pagine dei quotidiani) e dell’ex ministro Peppe Fioroni, per Renzi la strada alla segreteria sembra definitivamente spianata. «Se lavorerà per unire e non per dividere», può contare sul voto di Franceschini che non vede rivalità con Enrico Letta, «i talenti vanno usati tutti,  il Pd non deve vivere come un limite o come una lacerazione la pluralità di leadership. Io soffro ancora per Mazzola e Rivera…».

Fioroni non intravede rivali per il primo cittadino di Firenze: «In un congresso in cui c’è un candidato che rappresenta l’80% e 5, 6 o 7 candidati che faticano tutti insieme a dividersi il 20% , io prendo atto che c’è un solo candidato». Una svolta «sovietica» secondo l’ex segretario Bersani, al quale Franceschini ha resto le onori delle armi, e che ufficializzerà nelle prossime ore la sua scelta. Informato dell’endorsement del ministro, si affida all’ironia «prima di annunciare il sostegno a un candidato bisognerebbe sapere che idee ha in testa sia del partito che dell’Italia e io non ho capito…». Il fronte anti-renziano è pronto a convergere su Gianni Cuperlo che a fare un passo indietro non ci pensa per niente: «Sono e resto candidato, sto girando per feste presentando le mie note».

Nel braccio di ferro che assume sempre più le connotazioni di uno scontro tra ex popolari ed ex  diessini, spiccano il silenzio di Rosy Bindi e Franco Marini che presto spiegheranno perché non voteranno per Renzi. Presentare un’altra candidatura oltre alle quattro in campo (oltre a Cuperlo anche Pippo Civati e l’outsider Gianni Pittella), però,  non servirebbe alla causa. Per evitare che la sfida di Cuperlo appaia più rivolta al passato ex diessino che al futuro del Pd, ferve il lavoro diplomatico per allargare il consenso ad esponenti del mondo cattolico. Piero Fassino conferma il suo voto incondizionato per l’amico Matteo, «è ora che il gruppo dirigente faccia un salto. Non si sceglie un leader tirando continuamente il freno a mano, avendo paura di quello che si può scegliere». Intanto il mite  Francesco Boccia auspica un congresso «in grado di fare chiarezza e che le scelte vadano fatte sulle idee e non sulla tattica».

Il governatore della Toscana Enrico Rossi in un’intervista a‘Unità  invita la sinistra a farsi sentire e a non cedere alla deriva plebiscitaria del sindaco rottamatore.  «Vedo un ricompattamento su Renzi di molte correnti post democristiane», dice preoccupato, «a questo punto per la sinistra del partito si pone il problema di trovare rapidamente un punto di unità e convergenza».

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