Tre anarchici agli arresti. E i No Tav rispolverano il linguaggio degli anni di piombo

11 Set 2013 17:51 - di Gabriele Farro

Molti quotidiani on line li hanno chiamati semplicemente “simpatizzanti No-Tav” per non infastidire la sinistra. Poi è venuto fuori che sono anarchici, dell’area dura dei centri sociali, “compagni” di chiara “fede”. In tre sono stati messi agli arresti domiciliari per violenza privata ai danni di una giornalista. Sono Giuliano Borio, della Valle di Susa, Maurizio Mura, di Torino, e Davide Giacobbe, di Varese. Sono considerati di area autonoma e anarchica. Giacobbe, conosciuto dai compagni come “Giobbe”, era già stato arrestato per un’aggressione a un agente di polizia – avvenuta il 16 aprile dello scorso anno – impegnato in rilevamenti all’esterno del cantiere di Chiomonte. Ora i tre devono rispondere di un episodio accaduto nei primi giorni di agosto: la cronista durante una manifestazione No Tav davanti al cantiere di Chiomonte, venne costretta ad allontanarsi. Venne accerchiata da un gruppo di attivisti, che pretesero di vedere i suoi documenti e il suo cellulare. In seguito la costrinsero a rientrare, “scortandola” fino all’abitato di Giaglione, il punto di partenza del corteo, dove le fotografarono l’auto. Spuntò anche un bastone. Ma ecco arrivare il comunicato “di lotta” del sito dei No Tav. Il linguaggio è di per sé inquietante e fa tornare alla memoria alcuni scritti degli anni di piombo: «Magistratura e informazione embedded (ripiegata, asservita, ndr) si trovano allo stesso tavolo in questa vicenda e la Repubblica delle manette ha svolto ancora una volta il suo ruolo da cronista della lobby del Tav». Il sito sostiene che la giornalista fu soltanto «criticata da molti manifestanti perché capace di scrivere articoli copiando e incollando dai comunicati stampa della Questura». Sarebbe superfluo rispondere chiedendo da dove invece i No Tav copiano i loro comunicati. Ma è fondamentale capire dove siano finite le fotografie scattate dai militanti dell’estrema sinistra. Perché le foto che servono a costruire l’album degli avversari politici ricordano una tragica “abitudine” dell’estrema sinistra negli anni Settanta. E sappiamo tutti com’è andata a finire.

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