Quirico torna al suo giornale: l’Italia non mi ha mai abbandonato. E avverte: la rivoluzione siriana è targata Al Qaida

9 Set 2013 20:20 - di Valerio Pugi

Al suo arrivo a “La Stampa”, a Torino, Domenico Quirico è stato accolto da un lungo, calorosissimo applauso dei suoi colleghi. Accompagnato dal direttore Mario Calabresi e dalla moglie Giulietta, il giornalista è stato a lungo abbracciato e festeggiato da molti dei giornalisti presenti. «Grazie, grazie a tutti – ha detto commosso – Non riesco a dirvi altro. La prima cosa che mi sento di dire è un enorme grazie allo Stato. In questa vicenda ho visto un pezzo di Italia che funziona davvero. Al mio collega belga di sventura, che aveva paura di essere lasciato solo dal suo Stato, ho detto: “Non aver paura, non temere. L’Italia avrà tanti difetti, ma di una cosa sono sicuro: in un caso così non ci lascia soli”. Ora voglio solo abbracciare le mie figlie. Sono 152 giorni che non le vedo, e per una di loro sono 152 giorni che non la sento. Non sono stati giorni propriamente facili – ha detto ai suoi colleghi – ma nel complesso sto bene. Mi sento solo frastornato».
Ma l’attenzione internazionale è rivolta all’uso o meno di gas da parte delle truppe di Assad o, come pare dai racconti dell’insegnante belga Pierre Piccinin, rilasciato con Quirico dopo la lunga prigionia, dai ribelli. Parole “rubate” dietro una porta socchiusa, durante una dura prigionia di cinque mesi, isolati da tutto e da tutti. E poi scoprire che gli Usa si preparano a intervenire militarmente in Siria per “punire” l’uso delle armi chimiche. Che valore dare allora a quella conversazione ascoltata per caso dai rapitori da cui emergerebbe che a usare i gas non è stato il regime di Assad ma i ribelli, per convincere l’Occidente a intervenire? Non ha dubbi Piccinin, docente di storia del liceo ed esperto di Medio Oriente, che dichiara a Rtl-Tvi: «È un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas da combattimento nella periferia di Damasco. Noi ne siamo certi in seguito a una conversazione che abbiamo sorpreso». E Piccinin aggiunge che ammetterlo «mi costa perché dal maggio 2012 sostengo con decisione l’Esercito di liberazione siriano nella sua giusta lotta per la democrazia». Anche se all’inizio della rivolta, nel 2011, Piccinin difendeva il regime, tanto da essere addirittura stato definito da “Le Monde” come “l’utile idiota” di Assad. Dall’altra parte c’è il giornalista, abituato a verificare i fatti, che ci va con i piedi di piombo. «È folle dire che io sappia che non è stato Assad a usare i gas», mette subito in chiaro Quirico. E poi racconta: «Un giorno, dalla stanza in cui venivamo tenuti prigionieri, attraverso una porta socchiusa, abbiamo ascoltato una conversazione in inglese via Skype» fra tre persone sconosciute, di cui uno si era presentato come un generale dell’Esercito di liberazione. «In questa conversazione – prosegue Quirico – dicevano che l’operazione del gas nei due quartieri di Damasco era stata fatta dai ribelli come provocazione, per indurre l’Occidente a intervenire militarmente». Quirico, appena sbarcato a Fiumicino, si è detto comunque «estremamente sorpreso che gli Usa, che sono ben consapevoli di come la rivoluzione siriana è diventata Jihadismo internazionale, ovvero Al Qaida, possano pensare di intervenire. Bisogna riflettere a lungo».

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